Da una parte ci sono un Di Maio "preoccupato" e Toninelli che vorrebbe vedere Siri "messo fuori" dalla Lega e dal governo. Dall'altra resistono Salvini e il sottosegretario indagato per corruzione, certi dell'innocenza e convinti di voler attendere la conclusione delle "rapide indagini" della magistratura sul caso dell'eloico. Nel mezzo galleggia Conte, costretto a mediare tra le parti dopo un Consiglio dei ministri di fuoco sul Salva Roma pare aver litigato sia con il leghista ("Non siamo tuoi passacarte") che con il grillino ("Ci fai cadere per un paio di voti"). Oggi il premier doverebbe sentire al telefono il sottosegratario prima di partire per la Cina. La telefonata potrebbe rivelare molte sorprese e provocare nuovi screzi nel governo, anche se per l'incontro faccia a faccia occorrerà attendere il rientro di Conte dal viaggio. Solo a quel punto Palazzo Chigi deciderà sul da farsi. "La mia posizione da giurista è sentire le sue ragioni - spiega - confrontarmi con lui e gli chiederò di condividere la decisione finale".
Le parole del premier fanno però pensare che alla fine possa propendere per tenere la linea grillina (che definisce "legittima"). Da "giurista" farà passare il "principio di innocenza": "Lo guarderò negli occhi, ci parlerò, acquisisrò elementi e poi valuterò", spiega Conte. Ma a prevalere sarà il gioco politico dell'"etica pubblica". Per il premier con "le ragioni della politica" si possono "prendere decisioni anche prima di una sentenza passata in giudicato perché la politica ha una sua logica". Tradotto: anche se innocente fino a terzo grado, potrebbe essere costretto a lasciare la poltrona. Alla faccia del garantismo.
Le posizioni di Lega e M5S sono al momento incociliabili. Per Salvini, Siri deve "rimanere al suo posto". "In Italia si è innocenti fino a che non si è condannati", ripete il ministro dell'Interno. Che da giorni allontana anche le ombre sul ruolo del figlio di Paolo Arata assunto a Palazzo Chigi da Giorgetti. Il Carroccio fa quadrato soprattutto per difendere il sottosegratario dal fuoco amico degli alleati, più agguerriti delle opposizioni. "Il sospetto che gli interessi di imprenditori legati a soggetti inquisiti per mafia siano riusciti a penetrare in questo modo ai massimi livelli di governo e del Parlamento è qualcosa che non avevamo mai visto nella storia della Repubblica", attacca il senatore Primo Di Nicola, che è vice capogruppo del Movimento 5 Stelle a Palazzo Madama. La scelta delle dimissioni per i grillini "non è più procrastinabile" e invitano Conte a prendere una decisione. Per Toninelli invece "se Armando Siri facesse parte del M5S sarebbe già stato messo fuori da questo governo". Il carico da undici lo scaglia Di Maio: "Se la Lega non c'entra niente con queste accuse rivolte a Siri - dice da Taranto - che al di là dei rilievi penali hanno dei problemi politici, dimostri la propria estraneità a questi fatti presunti allontanando Siri da Governo. Altrimenti comincio a preoccuparmi nel vedere la Lega e Salvini difendere a spada tratta Armando Siri, che sono sicuro sarà innocente ma fino a quel momento deve mettersi in panchina e aspettare di risultare estraneo alle accuse che gli muovono".
Siri appare il bersaglio perfetto per uno scontro che è tutto politico in vista delle europee. Salvini lo sa e prova a resistere. "Stiamo superando ogni limite", gridano i grillini che si dicono "preoccupati" per la "difesa incondizionata" garantita da Salvini al sottosegretario.
"Ogni giorno leggiamo nuovi dettagli dell'inchiesta su Siri, dettagli che fanno tremare - attacca Manlio di Stefano - Dalla corruzione alle mazzette, passando per legami con personaggi mafiosi, tentativi di condizionare norme e tanto altro. Adesso basta, la Lega dimostri la propria trasparenza e faccia dimettere, almeno momentaneamente, il sottosegretario Siri".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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