La scissione sembra solo una questione di come e quando, la Farnesina è blindata dal premier Mario Draghi e Giuseppe Conte tiene in tasca il cartellino rosso dell'espulsione di Luigi Di Maio. Il ministro degli Esteri ormai guarda quasi con distacco a ciò che accade nel M5s e osserva le mosse di Conte. Il leader durante il Consiglio Nazionale mette nero su bianco una «dura risposta» all'ex capo politico, lo accusa di aver fatto dichiarazioni «strumentali» sulla guerra in Ucraina e ribadisce che i Cinque Stelle non vogliono «disallineare l'Italia dalla Nato e dalla Ue». L'ex premier rinuncia all'apertura formale di un procedimento disciplinare, anche perché sa che il rischio è che la faccenda si trascini a lungo. Fragili gli appigli statutari per giustificare il deferimento al collegio dei probiviri, alte le probabilità di un'espulsione in standby, come accaduto con il filo-russo Vito Petrocelli. Deduzioni, contro deduzioni, possibilità di ricorso in appello al Comitato di Garanzia, spada di Damocle della querelle legale al Tribunale di Napoli ancora irrisolta. Sono questi i motivi che spingono Conte a prendere tempo, in attesa che sia Di Maio a togliere il disturbo. Infatti, in ogni caso, stavolta la contesa pare destinata all'epilogo della rottura. A meno di colpi di scena, che nel M5s sono sempre dietro l'angolo. «Al momento è difficile una ricomposizione, Luigi si è spinto troppo avanti», spiega una deputata al Giornale.
E il casus belli è già pronto. La dinamite che potrebbe far detonare la scissione è sempre la guerra in Ucraina. La vicepresidente del M5s Alessandra Todde torna sull'argomento della bozza di un gruppo di senatori grillini contro le armi a Kiev. Parla di una risoluzione «vecchia» che «non ha nulla a che fare» con il testo ora in discussione. Solo che, al momento, non c'è ancora un accordo sulle parti più importanti della risoluzione di maggioranza, ovvero l'invio di armamenti agli ucraini e la richiesta dei contiani di un passaggio parlamentare nel caso di decreti per nuovi aiuti bellici. La sensazione è che prima o poi si arriverà alla rottura sul conflitto in Ucraina. Un'implosione che potrebbe arrivare a stretto giro nel caso in cui, dopo la riunione di maggioranza di oggi, Conte e i suoi insisteranno con il no alle armi. Ma che potrebbe ripresentarsi nel momento in cui bisognerà discutere di un terzo pacchetto di armamenti da spedire a Kiev. «Io sono disposto a uscire dal M5s sulla politica estera», dice un eletto vicinissimo a Di Maio. I dimaiani fanno notare che una sfiducia politica al titolare della Farnesina da parte del suo partito non comporterà la sostituzione del ministro. Anzi, «Luigi ha informato Draghi delle sue prese di posizione, piuttosto se Conte lo sfiducia è lui a mettersi fuori dalla maggioranza», riflettono i pretoriani di Di Maio.
Il ministro degli Esteri in una nota attacca ancora i «dirigenti» contiani. Dirigenti che «decidono di fare due cose: attaccare, con odio e livore, il ministro degli Esteri e portare avanti posizioni che mettono in difficoltà il governo in sede Ue». Risponde il vicepresidente Riccardo Ricciardi: «Di Maio è un corpo estraneo al M5s, è spaventato dal tema dei due mandati». Ma il tema terrorizza anche i contiani al secondo mandato e i parlamentari che non seguirebbero l'ex capo politico in una scissione. «Io non farei una scissione, ma bisogna trovare una soluzione ai due mandati e cambiare i vicepresidenti, che sono davvero scarsi», osserva un parlamentare.
Potrebbero andare invece con Di Maio i deputati Sergio Battelli, Gianluca Vacca, Dalila Nesci, Vincenzo Spadafora, Luigi Iovino, la viceministra Laura Castelli, il senatore Primo Di Nicola, ma il pallottoliere è in aggiornamento e potrebbe raggiungere quota sessanta. In settimana previsti altri appuntamenti ad alta tensione: mercoledì l'assemblea congiunta e giovedì arriverà a Roma Beppe Grillo. Stavolta per il Garante sarà difficile ricomporre la frattura.
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