Una volta si faceva i segno V come vendetta o come vittoria. La pandemia cambia i linguaggi e adesso V sta per vaccini. O meglio, stava, perché avanza l'ora delle varianti. La settimana del caos di Astrazeneca si è appena conclusa con Draghi che ai media ha offerto il suo corpo per tranquillizzare gli italiani sulla seconda dose, dicendo pure quanti sono i suoi anticorpi. Ma attenzione, un'altra settimana di passione sta aprirsi. Nel momento in cui Speranza e i suoi tifosi del Cts dovrebbero cedere al caldo africano e ai dati oggettivi del Covid, arriva dall'Apocalisse la Variante, in questo caso indiana, detta anche Delta. Con le fake news virali che corrono veloci, è un attimo che ci ritroviamo a fare il bagno con la mascherina e a prolungare lo stato di emergenza otre ogni limite previsto dalla nostra Costituzione.
Facciamo chiarezza: le istituzioni che fanno capo al Ministero della Salute hanno l'obbligo di circoscrivere e tracciare questo nuovo pericolo, senza spaventare nessuno con il riferimento malizioso all'ipotetico fallimento vaccinale inglese. Poi il suddetto ministero raccolga i dati reali della comunità scientifica e spieghi se i vaccini attuali a nostra disposizione ci proteggono da questa e da altre varianti in arrivo, e ci dicano quando dovremo fare il terzo richiamo, perché pare che l'immunità duri circa nove mesi. Insomma, per uscire dal tunnel dovremo avere un periodo di convivenza con il Covid ancora duro ma da affrontare con competenza e trasparenza. Ci ammaleremo, ma non dovremmo andare più in terapia intensiva o all'obitorio.
Se non fosse così, allora sarebbe una guerra batteriologica e l'apocalisse vera. Ma non diamo scuse a un ministro che deve far pace con il suo cognome e con la gente esasperata. E non sempre arriverà il Preside SuperMario a togliere le castagne dal fuoco.
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