A fine gennaio, quando il coronavirus (ci) sembrava essere soltanto una minaccia lontana e confinata in Cina, Roberto Calderoli presentava un'interrogazione al ministro della Salute Roberto Speranza per sapere per quale motivo non erano stati messi in quarantena i passeggeri tornati in Italia da Wuhan il 23 del mese. Oggi, a un mese e più di distanza, il Covid-19 - dopo essere arrivato anche qui - ha paralizzato dalla paura il Paese. Anche per colpa di un governo che non ha saputo prevenire al meglio il pericolo, contribuendo a fomentare il panico nella popolazione. Il vicepresidente del Senato in quota Lega, nonché laureato in medicina, punta il dito contro il premier: "Giuseppe Conte ha cavalcato l'emergenza, bruciando miliardi di Pil".
Senatore Calderoli, vista la tanta-troppa confusione sul coronavirus, cerchiamo di fare chiarezza?
"L'impressione è che non si capisca perché tutto debba essere bianco o nero. Mi spiego: si passa da chi dice che è una banale influenza - addirittura meno grave di quella stagionale – a chi, invece, la paragona alla peste e al colera".
Come direbbe Aristotele, in medio stat virtus…
"Esatto. La realtà dei fatti va cercata a metà strada: il coronavirus non è sicuramente un'influenza ordinaria, ma non ha certo la mortalità della peste o del colera. Però ci sono dei morti e quindi bisogna essere seri e agire in modo ficcante".
Ecco, a tal proposito, facciamo un passo indietro. Lei a fine gennaio, quando il coronavirus era solo questione di Wuhan, era andato a tirare per la giacchetta Speranza con un'interrogazione parlamentare. Ci aveva visto lungo?
"Semplicemente, ho lamentato la mancata applicazione delle richieste delle regioni, chiedendo al ministero della Saluta per quale motivo non fosse stata disposta la messa in quarantena di coloro – italiani e non – che avevano avuto direttamente o indirettamente rapporti con le regioni cinesi interessate. Fosse stato fatto, probabilmente, non ci troveremmo nel quadro attuale".
E cosa le fu risposto?
"Eh, non mi fu risposto. Mi arrivò una telefonata dello stesso Speranza che mi sollecitava a mantenere la massima cautela nei toni perché non si dovesse creare allarmismo e panico. Bene, su questo ero e sono d'accordo, però c'è un bel problema…".
Quale?
"Da una parte non c'è stata la messa in essere di quelle misure. E dall'altra c'è stato chi, come il nostro presidente del Consiglio, è passato dal dire che in Italia non vi era alcun problema al farne invece una questione da fine del mondo".
La colpa è di Speranza o di Conte?
"Speranza alla fine rischia di diventare l'agnello sacrificale del premier. Chi ha cavalcato la malattia è stato Giuseppe Conte, con quel giorno in cui è andato in televisione la bellezza di sedici volte. Uno show, una caduta di stile che ha dato l'immagine di un Paese in difficoltà".
E oggi, infatti, ne stiamo pagando lo scotto a livello economico.
"Già. Ora la domanda che tutti si fanno è 'come facciamo ripartire la macchina Italia?'. Ecco, prima magari bisogna non fermarla, così il problema non si porrebbe proprio. Ora, invece, il problema c'è eccome. Imprenditori e aziende – piccole, medie e grandi – sono in difficoltà, subiscono disdette su disdette: la situazione che si è creata da un punto di vista economico è serie e il danno non è quantificabile".
Si parla di decimali di punto o addirittura di punti di Pil…
"Quindi si parla di miliardi e miliardi. E se c'è qualcuno che deve assumersi la responsabilità di questa crisi è colui che, prima, diceva che tutto andava bene e, poi, tutto andava male. Questa persona è il signor Giuseppe Conte".
Le accuse del sedicente avvocato del popolo all'ospedale di Codogna come le commenta?
"Un brutto scivolone e una delle (grosse) lacuna del governo centrale e del ministero della Sanità. Si, perché il dicastero non può inviare una direttiva attorno al 20 gennaio dicendo che qualunque caso con complicazioni non chiare debba essere isolato e sottoposto al tampone, e dopo una settimana mandare una seconda circolare che corregge la prima e che prevede il tampone solo per chi sia entrato in contatto con persone provenienti dalla Cina. Insomma, se si parla di applicazione del protocollo del ministero tutti si possono incolpare tranne l'ospedale di Codogno. Incolparlo è una cosa proprio brutta, specialmente per i medici e gli infermieri che ci lavorano".
Dopo l'impasse e le gaffe, ora il governo come si sta muovendo?
"Vedo sempre dei tentennamenti. Per esempio, in queste ultime ore mi pare che si cerchi in modo artificioso e forzato di sminuire un po' l'emergenza. In questa altalena, trovo molto equilibrato il comportamento di Attilio Fontana e della regione Lombardia, dove si va avanti e lo si fa con giudizio. Dico no alle (ri)partenze in quarta non supportate da motivazioni scientifiche. Ecco, a tal proposito, però, una considerazione…".
Dica.
"Devo dire che mi ha molto perplesso e sorpreso l'atteggiamento di esperti e virologi. Anziché fare fronte comune, dando linea guida univoche, proprio loro si sono contraddetti, dividendosi tra l'influenza banale e la malattia tremenda. Forse una loro maggiore coerenza avrebbe giovato al Paese…".
Insomma, anche la comunità scientifica ha sbagliato nella comunicazione?
"Direi di sì. Ora siamo entrati in modalità di informazioni h24 in cui gli stessi che dovrebbero dare risposte certe, dicono tutto e il contrario di tutto. Io, in tutto questo, preferisco essere prudente e mi appello al buon senso".
Lo dice politico o da medico?
"Da tutte e due. La medicina migliore in questi casi è il raziocinio: queste ultime misure che sono state adottate credo che si dimostreranno efficaci. Con questo non voglio dire che dall'oggi al domani si tornerà di colpo alla normalità: solo progressivamente, con l'analisi degli effetti prodotti, si potrà tornare alla vita di sempre".
Quindi, calma e gesso, ma guardia alta…
"Sì, i provvedimenti in vigore vanno in questo senso e non sono esagerati: c'è di mezzo la salute degli italiani".
Qual è la sua previsione?
"Non credo che fra una
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