Cortocircuito a sinistra: gli odiatori sono fan del ddl Zan

Il caso di Ferrara e il rinvio a giudizio di Saviano. Un filo rosso lega due casi apparentemente distanti

Cortocircuito a sinistra: gli odiatori sono fan del ddl Zan

Le notizie possono apparire distanti, eppure un filo rosso le unisce. Da una parte la presunta aggressione omofoba, che forse tanto omofoba non era, avvenuta a Ferrara ad Halloween. Dall’altra il rinvio a giudizio di Roberto Saviano, accusato di diffamazione per aver chiamato “bastarda” Giorgia Meloni. Direte: che c’azzeccano? C’entrano eccome. Perché ad unire i punti c’è quel ddl Zan di cui tanto si discute, bandiera mai ammainata da centrosinistra (e dai suoi intellettuali star) nonostante la sconfitta subita in Senato. La cronaca, e cioè l'insieme dei casi Ferrara e Saviano, non fa che mostrare l’incredibile cortocircuito di questi giorni: il paradosso per cui, alla fine, i veri odiatori finiscono con l’essere gli stessi che l’odio vorrebbero combatterlo per mezzo del famoso decreto scritto da Alessandro Zan.

Prendete il caso di Ferrara. I fatti sono noti. Alcuni ragazzini Lgbt denunciano l’aggressione omofoba e pubblicano un video in cui si sente un ragazzo inneggiare a Mussolini. Apriti cielo. Arcigay si straccia le vesti. Il Pd tutto attacca la solfa del “se ci fosse stata la legge Zan…”. E pure il sindaco ferrarese leghista corre ai ripari prendendo le distanze da quanto successo. Bene. Nessuno però si prende la briga di verificare con precisione quanto successo. Perché stando all’altra versione dei fatti, valida per ora quanto quella delle “vittime”, il primo a ricorrere agli insulti sarebbe stato un giovane del “gruppetto Lgbt”, il quale avrebbe definito “straniero di merda” un ragazzo dello schieramento opposto. Chi la racconta giusta? Difficile dirlo. E non spetta a noi determinarlo. Però siamo alla famosa storiella del bue che dà del cornuto all’asino: si fa fatica a scendere in piazza “contro l’omofobia e i filofascisti” (come previsto oggi a Ferrara) quando tutta la pantomima sarebbe nata da un insulto xenofobo. “Giovani Lgbt si rivelano razzisti”, sintetizza con malizia un osservatore esterno.

Lo stesso dicasi per Roberto Saviano. Come noto, lo scrittore è uno dei grandi sostenitori del ddl Zan. Molto si è speso, ed anche inutilmente, per l’approvazione di una legge contro la “persecuzione” (giuro, ha detto così) verso i gay. Ma se combatti il veleno gettato contro il prossimo considerato “diverso”, come puoi insultare gratuitamente chi ha idee diverse dalle tue? Perché un conto è definire “abominevoli” le posizioni di Giorgia Meloni. Un conto è contestarne, anche con parole crude, l’azione politica. Ma chiamarla “bastarda”, cioè “ibrido fra due razze” o “di nascita illegittima”, è tutt’altra cosa, soprattutto per un paladino della legge contro l’odio omotransfobico. Occorre chiedersi: nella testa di Saviano, perché denigrare Meloni sarebbe accettabile mentre definire "frocio" un omosessuale no? Sono entrambi comportamenti orribili, converrete. Eppure l'autore chiede il ddl Zan contro la transfobia ma non rispetta il codice, già scritto, che vieta di insultare gratuitamente chicchessia.

Non vi sembra ipocrita? Un pochino sì. A meno che, ma allora arriveremmo ad un paradosso ancor più incredibile, non ci state dicendo che discriminare i gay è un crimine. Mentre odiare un "fascista", un po’ come ucciderlo, non configura mai reato.

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