Nicola Porro ha sollevato una importante questione: come mai non si considerano i vincoli di bilancio per le spese per l'immigrazione, mentre si è obbligati a farlo per ogni altra spesa pubblica? Quanto ci costano realmente queste centinaia di migliaia di immigrati, che arrivano in Italia avventurosamente e noi ospitiamo?
Qui c'è un trucco contabile governativo, perché gran parte della spesa statale in questione si confonde nelle spese correnti dei vari ministeri senza una specifica indicazione della sua causa. Ma questa non è la voce maggiore di spesa per gli immigrati in questione perché gran parte va a carico dei Comuni per l'ospitalità in loro immobili e spese varie (come l'ordine pubblico) e delle Regioni per la sanità (vedi le strutture di pronto soccorso super affollate). Il totale che, a quanto sembra, non viene contabilizzato nel bilancio pubblico globale sotto una apposita voce per la funzione «immigrati profughi e altri immigrati non autorizzati», però, mi pare molto rilevante, anche se viene disperso in molti rivoli. Il costo totale si divide in spese pubbliche statali, spese pubbliche locali, spese regionali, spese a carico della società civile (come i danni alle condizioni di abitabilità e di sicurezza dei residenti dei quartieri e delle zone dove vengono ospitati agli immigrati).
Innanzitutto, comunque, vi è la spesa per il recupero in mare, la prima accoglienza e il controllo delle persone sbarcate, per verificarne la nazionalità, l'età, l'identità, lo stato di salute, la religione, il grado di istruzione, e – speriamo - la eventuale pericolosità sociale; nonché per decidere dove destinarli e provvedere al loro trasporto. Non penso che sia eccessivo valutare questa prima spesa in 1.500 euro pro capite a carico del ministero della Difesa, di quello delle Infrastrutture, del ministero dell'Economia e finanze (per contributi agli enti di prima accoglienza, per la Guardia di finanza e i pagamenti delle spese di trasporto verso i Comuni di destinazione): salvo che queste spese siano a carico delle Ferrovie, della Protezione civile, dell'Aeronautica militare. A ciò segue la spesa pubblica che viene sostenuta nei luoghi di ulteriore accoglienza. Se valutiamo in 750 euro per persona (500 per vitto e alloggio e 250 per le spese sanitarie, quelle di sicurezza e ordine pubblico e i danni sociali) l'onere mensile per ogni immigrato che viene mantenuto in questi centri a carico di Enti locali, Regioni e organizzazioni non profit che beneficiano di contributi pubblici e privati, l'onere annuale è di 9mila euro annui. Che si sommano ai 1.500 euro della prima accoglienza. L'onere, palese e occulto, per i bilanci pubblici e per la società è pari a 1 milione e 50mila euro ogni cento immigrati. Quindi 10,5 milioni per mille immigrati e 10 miliardi e mezzo per un milione di immigrati, per l'anno iniziale e 9 miliardi per l'anno seguente, ammettendo che questi immigrati, mantenuti nei centri locali di accoglienza, dopo due anni trovino una sistemazione in Italia o all'estero o spariscano nella clandestinità.
Supponendo che gli arrivi di un anno siano compresi fra i 300 e i 400mila, il primo anno la spesa sarebbe 3,5 miliardi e il secondo 3. In totale 6,5 miliardi di cui almeno 3,5/4 a carico degli Enti locali, vale a dire una somma pari all'introito della Tasi sulla prima casa, e 1,5 a carico dello Stato, cioè il costo dell'abolizione dell'Imu sui capannoni. Il restante onere ricade sui bilanci sanitari ma anche sul benessere e la sicurezza dei cittadini, che non si possono stimare adeguatamente in denaro. I miei sono calcoli induttivi.
Può darsi che siano sovrastimati. Ma potrebbe essere anche il contrario.È vano sperare che il governo ci dia delle stime, almeno di quanti sono gli immigrati nei centri di accoglienza? E che ci dica quanto tempo vi stiano e che cosa accada dopo?
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