Altra giornata da tregenda ieri per ciò che resta dei venezuelani, visto che oramai al ritmo di venticinquemila ogni giorno attraversano il confine con la vicina Colombia per lasciare, affamati e con nelle valige tutto ciò che resta di una vita, la loro patria. Un esodo che aumenta a ritmi geometrici se è vero che Bogotà ha approntato un piano di emergenza per accoglierne due milioni di venezuelani nei prossimi mesi del 2017, oltre al milione già entrato dall'agosto del 2016 ad oggi.
Un problema simile a quello che hanno di fronte anche Brasile, Ecuador, Cile, Perù e Stati Uniti, letteralmente invasi da qualche tempo da venezuelani di ogni età, censo e pensiero ideologico in fuga dalle «bellezze» della repressione e della fame del socialismo del XXIesimo secolo. Anche per questo, da ieri, i ministri degli Esteri di 17 paesi latinoamericani sono riuniti a Lima per dare una risposta al dramma del Venezuela.
Ma torniamo a ieri quando la dittatura di Nicolás Maduro - evidentemente innervosita dal blitz dell'Operación David con cui la neonata residenza armata di militari democratici lo scorso 6 di agosto ha svuotato il maggior deposito di armi dell'intero Venezuela ha prima occupato il Parlamento con un manipolo di sgherri della Guardia Nazionale Bolivariana comandati dal tenente «picchiatore di deputati Vladimir Lugo Armas. Molto semplice l'obiettivo: impedire ai deputati democraticamente eletti nel 2015 di occupare i loro seggi parlamentari per lasciare spazio invece agli oltre 500 membri dell'incostituzionale Costituente comunista, eletta lo scorso 30 luglio con frodi così grandi da fare vergognare persino Smartmatic, l'azienda che produce le urne elettroniche più amate dalle sinistre latinoamericane.
La repressione della dittatura socialista di Maduro che si ispira in tutto e per tutto al modello castro-comunista - comprese le tecniche per accelerare al massimo la diaspora dei venezuelani non disposti a piegarsi ai diktat chavisti, dalle espropriazioni alle botte, dai licenziamenti in tronco alle condanne ingiustificate ieri si è poi spostata a livello locale, dove per risolvere il problema dell'opposizione oramai maggioritaria, i chavisti stanno arrestando tutti i sindaci più amati dai venezuelani.
Ieri è «suonata la campana» per Ramón Muchacho, sindaco eletto a stragrande maggioranza del Chacao, uno dei distretti in cui è divisa la capitale Caracas, condannato a 15 mesi di carcere dalla Corte Suprema presieduta dal pluriomicida Maikel Moreno. Il crimine di Muchacho è uguale a quello del sindaco di El Hatillo, David Smolansky, che invece verrà condannato oggi. Ovvero, non piegarsi alle sordide contrattazioni sottobanco del chavismo di Maduro, capace sinora di comprare il silenzio di molti oppositori corrotti grazie ai dollari sporchi fatti dal regime con il mercato nero del cambio (un giro miliardario che supera quello del narcotraffico), l'export di coca verso gli Usa via navi ed aerei di stato, le tangenti Odebrecht ed il contrabbando di petrolio in Colombia.
Per la cronaca, da stasera con Smolansky, dei 77 sindaci eletti alle ultime amministrative tra le fine dell'opposizione, 39 saranno o in galera, o all'estero in esilio o, dulcis in fundo, indagati dal pluriomicida scelto da Maduro come «degno presidente rivoluzionario» della Corte Suprema.
«Se qualcuno pensa seriamente che il Venezuela oggi sia ancora una democrazia, o non ha il senso della vergogna o gli è sconosciuto quello del
ridicolo», racconta un'amica di Olga, professoressa di 70 anni bastonata ieri a forza da una decina di sgherri di Maduro e caricata di prepotenza su una camioneta. La sua colpa? Aver avere insultato la buonanima di Chávez.
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