«È stata una bomba atomica. Ma noi, come tutto il mondo del lusso, ci riprenderemo presto». Con Giovanni Geddes da Filicaja, amministratore delegato di Ornellaia, parliamo di vino e di lusso. Anzi, di vino di lusso. Ornellaia è uno dei grandi vini italiani, da trentacinque anni espressione della nuova enologia bolgherese, un capolavoro di finezza ed espressività, stile francese e terroir toscano. Un blend di Cabernet Sauvignon, Merlot, Cabernet Franc e Petit Verdot ricercatissimo dai mercati di tutto il mondo, espressione migliore del made in Italy in bottiglia. A lui chiediamo che cosa il lockdown abbia significato per un prodotto di lusso e quali strascichi si porterà dietro.
Geddes, che cosa è stato il Covid per Ornellaia?
«Inizialmente una bomba atomica. L'Italia, che costituisce tra il 24 e il 25 per cento del nostro mercato, ha sofferto molto. La ristorazione ha chiuso molto presto e ha continuato a vendere bene solo la Gdo che non tratta vini di alta gamma. Alla fine dell'anno nel mercato interno avremo perso anche se tra settembre e dicembre prevedo una ripresa. Negli altri mercati di riferimento prevediamo una crescita per la Cina e per l'Asia, mentre nell'Europa centrale non ci aspettiamo grandi problemi e negli Usa avremo dati in linea con l'anno scorso, non mi aspetto un calo superiore al 5%. Piuttosto con gli Stati Uniti il problema potrebbe essere quello delle tariffe, ogni sei mesi cambiano prodotti e percentuali...».
Alla fine un quadro non tragico...
«Non sarà tutto come prima, però certo i marchi del lusso hanno dimostrato sempre una capacità di reagire alla grandi crisi maggiore rispetto agli altri marchi. È nella crisi che si vede la forza di un marchio».
Ci saranno cambiamenti nel consumo del vino?
«Sì, soprattutto nella ristorazione, che è uno dei motori importanti del consumo di vino, la percentuale si abbasserà. E questo si vedrà ancora di più nella grandi città turistiche come Firenze e Venezia, meno a Roma che non vive di solo turismo».
Avete in programma cambi di strategie?
«In termini produttivi cambierà assai poco. Per il resto puntiamo a comunicare e aumentare il turismo del vino, nel maggio 2021 inaugureremo una struttura di accoglienza che dovrebbe essere pronta già dal prossimo settembre».
E il vostro impegno nel mondo dell'arte?
«Continueremo il nostro progetto Mind's Eye con la Fondazione Solomon Guggenheim e con l'emanazione italiana, la Peggy Guggenheim di Venezia, l'anno scorso con la vendita all'asta e diretta delle nostre cento doppie magnum con l'etichetta d'artista abbiamo devoluto alla fondazione oltre 320mila dollari».
Allarghiamo il discorso al mondo del lusso made in Italy, lei è anche vicepresidente della Fondazione Alta Gamma. Essere stati per qualche settimana gli appestati d'Europa, anzi del mondo, lo pagheremo in termini di immagine?
«Non credo. I grandi marchi si riprenderanno velocemente. Ed essendo noi identificati soprattutto con la moda potremo beneficiare del cosiddetto revenge shopping».
Il 2021 sarà un anno di crescita?
«Certo, ma di crescita rispetto al 2020, non rispetto a quanto ci aspettassimo nel 2019, un anno eccezionale».
Che cosa abbiamo imparato nel lockdown?
«A lavorare in modo differente, a vederci diverse volte al giorno senza essere vicini, a gestire questo nuovo sistema».
E lei, che cosa ha imparato?
«Ho capito che il nostro Paese è una comunità unica, anche se c'è stato chi ha avuto più paura e chi meno, chi è stato più prudente e chi come i giovani ha trovato comunque modo di sfogarsi».
Un proposito per il 2021.
«Nel 2019 abbiamo fatto una cena per settecento persone per il venticinquennale della denominazione Bolgheri. Vorrei che nel 2021 fossimo in mille».
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