Covid in (lieve) frenata. Ma la stretta rimane

Ieri altri 37.255 contagi, indice di positività stabile I dati locali non escludono ulteriori Regioni rosse

Covid in (lieve) frenata. Ma la stretta rimane

Il virus rallenta, ma non abbastanza. Il distacco tra la nostra capacità di contenere la diffusione dell'epidemia e il coronavirus in corsa si sta riducendo. Sars Cov2, che soltanto qualche giorno fa era in testa a lunga distanza, ora sta decelerando. Ma mentre di fronte all'impennata dei contagi immediatamente scatta l'allerta, si alza il livello di rischio e si passa in zona arancione o rossa; in caso di rallentamento i tempi per abbassare il livello di allerta sono molto più lunghi, almeno due settimane.

Ecco perché, ad esempio, anche se il governatore della Toscana rivendica una situazione che negli ultimi giorni mostra un miglioramento, quella regione nell'ultima ordinanza del ministero della Salute passa comunque in zona rossa, rischio massimo, perché quei numeri devono essere confermati per un periodo di tempo più lungo. Che cosa significa in concreto per le amministrazioni locali? In sostanza che già nel corso della prossima settimana le ultime regioni gialle potrebbero passare al rosso o arancione mentre è altamente improbabile che la situazione possa raffreddarsi per le altre prima di un paio di settimane.

Con l'ordinanza del ministro della Salute, Roberto Speranza, che entra in vigore da oggi, Campania e Toscana si colorano di rosso e raggiungono Lombardia, Calabria, Piemonte, Val d'Aosta, Bolzano. Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia e Marche si trasferiscono in zona arancione accanto a Liguria, Umbria Abruzzo Puglia e Molise. Gialle, rischio moderato, per Lazio, Veneto, Trento e Sardegna. Ma il meccanismo automatico di innalzamento del livello di allerta può arrivare anche nel giro di 24 ore.

Per gli esperti non è possibile pensare allentare le misure prima di un paio di settimane e soprattutto è inutile ipotizzare un Natale «normale»: le strette potranno essere allentate, ma non cancellate. E a confermare che l'allerta resta alta ci sono i numeri del bollettino quotidiano che non dà tregua anche se il numero dei nuovi positivi è in discesa: 37.255 contro gli oltre 40mila di due giorni fa. Cala anche il numero dei tamponi 227.695, contro i 254.908 di venerdì. Sono 544 le vittime. È vero però che un indice cruciale come quello dei ricoveri in terapia intensiva è in discesa da qualche giorno: da 122, a 110, 89 e infine 60 accessi registrati venerdì. Ma ieri erano 76.

Decresce l'Rt, l'indice di trasmissione del virus che ora si attesta a 1,4. Per il presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, il presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli e il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, questo miglioramento è indubbiamente dovuto alle misure di contenimento adottate a livello nazionale e anche al sistema delle fasce di rischio con misure più stringenti dove la situazione lo richiede in base agli indici di rischio. Nessuna possibilità però di ammorbidire le limitazioni prima di un periodo di conferma del trend in discesa di almeno un paio di settimane. L'obiettivo da raggiungere è quello indicato fin dall'inizio della crisi: soltanto con un Rt inferiore a 1 la diffusione del virus può essere considerata sotto controllo.

Deve scendere anche l'indice di positività rispetto ai tamponi, che anche ieri era salito oltre il 16 per cento, mentre dovrebbe attestarsi sotto il 10 in modo da decongestionare gli ospedali. La svolta ribadiscono i medici ci sarà soltanto con il vaccino per il quale, assicura Rezza, è in lavorazione un di piano che prevede la somministrazione a partire da categorie fragili e operatori sanitari.

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