Un fedelissimo dell'Iran, Hashem Safi al Din, è il successore più probabile di Hassan Nasrallah. Cugino, da parte di madre, del leader defunto di Hezbollah e suo braccio destro, è come lui un religioso sciita che crede fermamente nel governo teocratico.
Non solo: il fratello Abdullah ricopre l'incarico di rappresentante del movimento armato libanese a Teheran. E il primogenito del successore in pectore, Rida, ha sposato nel 2020 Zeinab la figlia di Qassem Soleimani, il potente generale dei Pasdaran, grande protettore di Hezbollah, ucciso da un drone americano.
Safi al Din è sempre stato il braccio destro ed erede designato da oltre 20 anni di Nasrallah. Da giovani hanno frequentato assieme le scuole teologiche di Najaf e Qom, ispirate da Khomeini, prima di aderire a Hezbollah. Il candidato alla successione proviene da un'influente famiglia sciita del Sud del Libano.
Un vero e proprio clan che ha fondato una potente associazione economica e caritatevole per aiutare i familiari guidata da Safi al Din. Classe 1964 inizia l'ascesa nei ranghi di Hezbollah nel 1994 quando Nasrallah lo nomina responsabile del movimento per l'area di Beirut, la capitale libanese. Poi entra nel Consiglio della Shura, l'organo consultivo del movimento sciita, ma il salto di qualità è la presidenza del Consiglio esecutivo, che gli permette di gestire le operazioni quotidiane e finanziarie del partito per conto di Nasrallah.
Safi al Din, considerato il secondo in comando, ha avuto un ruolo anche nel Consiglio del Jihad, che supervisiona le operazioni militari, poi separato nell'organigramma di vertice e decimato negli ultimi mesi dai bombardamenti mirati di Israele. L'unico che potrebbe fargli ombra è Naim Qassem, attuale vice segretario generale di Hezbollah, ma figura più simbolica che operativa. Safi al Din, oltre al carisma, gestisce l'impero finanziario del partito armato, con investimenti «coperti» in Medio Oriente, Africa, Europa e Americhe. Non a caso gli Stati Uniti lo stanno sanzionando dal 2017.
Oltre al forte legame personale con Nasrallah, il successore in pectore, ha intrecciato una rete familiare assieme al fratello e al figlio che lo lega in maniera indissolubile all'Iran. Entrambi sono sospettati di gestire i canali di approvvigionamento e di riciclaggio del denaro dall'Iran a Hezbollah in Libano. La visione politica di Safi al Din è fortemente influenzata dal principio del Wilayat al-Faqih (il governo del giurista) ovvero la dottrina teocratica alla base del regime iraniano.
Nel 2019 a Nabatiya, nel Sud del Libano, il potente esponente sciita, alla fine di una cerimonia, ha fatto cantare tutti l'inno di fedeltà alla guida suprema iraniana: «Amiamo la lealtà, pregheremo a gran voce per Alì Khamenei».
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