Dagli esteri ai migranti: l'agenda resta un rebus. "Cosa farà Kamala?"

Mistero sui piani della candidata, la battaglia sull'aborto è l'unica certezza. Oggi il suo discorso

Dagli esteri ai migranti: l'agenda resta un rebus. "Cosa farà Kamala?"
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Dopo l'entusiasmo e la mobilitazione, l'emozione e la speranza, è giunto il momento per Kamala Harris di concentrarsi sul programma. Il principale attacco dei repubblicani nei suoi confronti è proprio quello di latitare nei contenuti programmatici, visto che sinora la vice presidente Usa ha portato avanti l'agenda dell'amministrazione di Joe Biden, ma non ha presentato nei dettagli il suo piano per i prossimi quattro anni. Non si è espressa sulla politica estera, ha parlato poco di sicurezza interna e migranti. L'aspetto a cui si è dedicata maggiormente è quello economico, ma come fanno notare diversi analisti (anche vicini all'Asinello) non ha spiegato come reperirà i fondi per finanziare le sue iniziative, tra cui il divieto federale alle grandi aziende alimentari di aumentare il costo dei loro prodotti oltre una certa soglia, i tre milioni di nuove case e lo stop al caro affitti, e ancora il taglio delle tasse fino a 6.000 dollari per le famiglie con un neonato. Un paio di giorni fa, parlando brevemente con i giornalisti (altra cosa che le imputano gli avversari è che negli oltre trenta giorni da quando è scesa in campo non ha ancora tenuto una vera conferenza stampa) non ha risposto alla domanda, limitandosi a ripetere quattro volte che grazie alle sue politiche ci sarà un «ritorno sull'investimento». «Sui bambini e il credito d'imposta per i figli, il ritorno su quell'investimento sarà enorme. E poi quello che stiamo facendo in termini di crediti d'imposta, sappiamo che c'è un grande ritorno sull'investimento...e quando aumentiamo la proprietà della casa in America...Quindi il finanziamento alle scuole, di nuovo, porterà un ritorno sull'investimento», ha sottolineato. Tra gli altri temi, centrale l'aborto, questione che per eccellenza unisce il partito, ed è stata protagonista della prima serata della Convention.

Sulla politica estera, la candidata democratica non si è ancora pronunciata, pur se non ci si aspetta che la sua agenda differisca molto da quella dell'attuale comandante in capo, ad esempio per quanto concerne il sostegno degli Stati Uniti all'Ucraina e l'impegno con gli alleati transatlantici. Ma non è chiaro come, anche nel segno della continuità, un'amministrazione Harris possa portare il suo tocco personale agli impegni e alle partnership multilaterali. Per quanto riguarda la guerra a Gaza, nei giorni scorsi Harris ha brevemente parlato dei negoziati in corso dicendo «non molliamo, continueremo a lavorare duramente su questo. Dobbiamo ottenere un cessate il fuoco e liberare gli ostaggi». Nella piattaforma votata dai delegati democratici a Chicago, intanto, si ribadisce il sostegno a Israele, la condanna dell'attacco di Hamas del 7 ottobre e si sostiene un «immediato e duraturo cessate il fuoco» e il rilascio degli ostaggi. Ma non c'è alcuna menzione di un possibile embargo delle armi allo Stato ebraico, chiesto dai pochi delegati «uncommitted» del partito e dalle migliaia di manifestanti scesi in piazza per domandare un cambio di passo.

Martedì sera, tuttavia, è stato l'ex presidente Barack Obama a parlare del ruolo degli Usa, dicendo che «l'America può e deve essere una forza per il bene: scoraggiare i conflitti, combattere le malattie, promuovere i diritti umani, proteggere il pianeta dai cambiamenti climatici, difendere la libertà, mediare la pace. Questo è ciò in cui crede Kamala Harris, e così la maggior parte degli americani».

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