Dai professionisti ai dirigenti Ecco chi rischia la pensione

Nel mirino dei tagli 158mila assegni definiti «d'oro» Ma gli unici al sicuro sono i 500mila col contributivo

Dai professionisti ai dirigenti Ecco chi rischia la pensione

Prima toccherà ai comuni cittadini che percepiscono un assegno pensionistico dall'Inps. Poi sarà la volta di coloro che hanno ricoperto ruoli negli organi di rilevanza costituzionale, come testimoniato dal taglio dei vitalizi alla Camera. E, infine, toccherà anche alle pensioni erogate dalle casse private. La «rivoluzione» del governo giallo-verde sulle pensioni è articolata in questo modo.

A testimoniarlo non è solo il progetto di legge presentato dai capigruppo di M5s e Lega alla Camera, ma anche un analogo provvedimento depositato al Senato. Quest'ultimo prevede di ricalcolare con il metodo contributivo anche gli assegni delle casse previdenziali private, cioè di medici, ingegneri e architetti, commercialisti e di altre categorie professionali (inclusi periti industriali, psicologi e giornalisti). Il metodo è già stato individuato: le pensioni erogate a partire dal 2019 dovrebbero essere ricalcolate su base contributiva nella parte eccedente gli 80mila euro lordi. I trattamenti in essere, invece, saranno ricalcolati su base contributiva con l'applicazione dei coefficienti di trasformazione tanto per coloro che hanno beneficiato del sistema misto (retributivo + contributivo) che per coloro che sono interamente retributivi. A essere maggiormente penalizzati saranno coloro che si saranno ritirati dall'attività lavorativa prima dei 60 anni di età. Gli unici a poter stare tranquilli sono quei circa 500mila pensionati che godono di una pensione interamente contributiva. Ossia il 3,1% degli oltre 16 milioni di pensionati italiani.

«Cosa faremo con il taglio di almeno 158mila pensioni d'oro?! Risparmieremo mezzo miliardo di euro all'anno che useremo per alzare le pensioni minime e sociali. Da settembre via un privilegio e restituiamo un diritto. Basta pensioni d'oro!», ha spiegato ieri su Facebook il capogruppo M5s alla Camera, Francesco D'Uva. Il numero che ha utilizzato è emblematico. Secondo varie analisi basate sui dati Inps, il numero di pensionati con assegni superiori ai 3.500 euro mensili si attesta attorno alle 100mila unità. Il fatto che il campione di riferimento della legge sia più elevato conferma l'intenzione di varcare la soglia dei titolari di trattamenti Inps. Anche perché quei 500 milioni serviranno a finanziare l'incremento degli assegni minimi per avvicinarli alla soglia dei 780 euro fissati dal programma grillino di pensione di cittadinanza.

È bene che dirigenti e professionisti in pensione comincino a guardarsi alle spalle. In base all'ultimo rapporto del Centro studi Itinerari previdenziali, «la pensione media per tutti gli enti è più alta del contributo medio»: gli avvocati percepiscono una pensione media pari a 4,26 volte il contributo medio, ingegneri e architetti, commercialisti 3 volte. I commercialisti, quindi, sono i più a rischio anche se i loro trattamenti medi non sono elevati (36mila euro) avendo ancora la pensione di anzianità a 61 anni e 38 di contributi («quota 99»). Anche i dirigenti pubblici con 50mila euro di pensione media sono ancor più nel mirino, mentre i notai (78.

500 euro di pensione media) dovrebbero salvarsi visto che si ritirano a 75 anni e il grosso dei pagamenti è rappresentato da reversibilità.

L'alternativa proposta dal Carroccio è un contributo di solidarietà universale. Si tratta della stessa proposta di Tito Boeri quando non era ancora presidente Inps. E dire che adesso vogliono cacciarlo...

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