Lui insiste: «Con me i giudici sono cascati male. Se c'è uno che non si tira indietro sono io». Il giorno dopo la richiesta di rinvio a giudizio per finanziamento illecito, Matteo Renzi rincara la dose ai microfoni di Radio Leopolda e attacca ancora la procura di Firenze: «La mia vita è stata scardinata con un dolore personale e familiare che non auguro al peggior nemico».
E ancora: «L'appannamento della funzione del magistrato non dipende da quello che dice Renzi ma da quello che fa il magistrato».
Insomma, l'ex premier non arretra ma il sistema, per metà giudiziario e per il resto mediatico, contrattacca. La giunta dell'Associazione nazionale magistrati in una nota parla di «comportamenti inaccettabili» e intanto sulla prima pagina del Fatto Quotidiano Renzi diventa il «mini Berlusconi».
Sequenze già viste nella querelle fra il Cavaliere e i pm di rito ambrosiano. Una sfida sul filo della legge, qualcosa che ripropone appunto gli scontri del passato. Ma qui, anche se sembra impossibile, si va oltre. Appena scopre che i pm di Firenze vogliono portarlo a processo per finanziamento illecito, insieme a Maria Elena Boschi e Luca Lotti, per i contributi alla fondazione Open, Renzi annuncia di voler denunciare i pm di Firenze alla procura di Genova e chiede di essere sentito a Palazzo di giustizia. «Non è tollerabile - replica l'Anm - che i pm siano screditati soltanto per aver esercitato il loro ruolo. Le parole del senatore Matteo Renzi travalicano i confini della legittima critica e mirano a delegittimare agli occhi dell'opinione pubblica i magistrati che si occupano del procedimento a suo carico».
Ma Renzi va dritto per la sua strada e mette nel mirino i pm di Open. La prima sciabolata è per il procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo, accusato di molestie dalla collega Alessia Sinatra: «Se fa un atto sessuale il Csm ti dà due mesi in meno di anzianità, se lo fa un cittadino si prende anni di galera». Anche se, va detto, lei aveva taciuto in sede penale.
«A Conte e Grillo - va avanti il leader di Italia Viva - i pm di Milano e Roma non hanno tolto i cellulari, hanno usato uno stile diverso da quello dei pm di Firenze. Uno di loro - afferma riferendosi a Luca Turco - si occupa a tempo pieno della famiglia Renzi.
«Prima che diventassi premier eravamo una famiglia rispettabile, ora sembriamo un'associazione di gangster». Manca nell'invettiva il terzo pm di Open, Antonino Nastasi, ma Renzi ha più volte speso parole pesanti nei suoi confronti, ricordando quel ha scoperto la Commissione parlamentare quando Nastasi, allora a Siena, entrò nella stanza del manager Mps David Rossi, appena precipitato da una finestra di Rocca Salimbeni.
Dall'altra parte, è Rossella Marro, presidente di Unicost, a replicare alle stoccate dell'ex sindaco di Firenze: «Il senatore Renzi ha reagito denunciando penalmente i pubblici ministeri. Questa evenienza dimostra quanto sia pericoloso il quesito referendario che intende introdurre la responsabilità civile diretta dei magistrati, che sarebbero esposti verosimilmente a continue pressioni».
Così, l'autodifesa sconfina e sembra mettere in discussione le settecentomila firme
raccolte dalla Lega e dai Radicali. Renzi intanto assesta un'ultima bacchettata a Pierluigi Bersani con cui è in polemica ormai da molto tempo: «Ha preso soldi dai Riva per fare campagna elettorale. Ora faccia mea culpa».
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