Adesso puntiamo sui giovani, dice Sergio Mattarella, e infatti a loro affida «la speranza e la Costituzione». Gli adulti invece lo stanno deludendo parecchio, sia in Italia, dove contro il virus servono più «coesione» e coordinamento tra Palazzo Chigi e le Regioni perché «tenere aperto richiede la responsabilità di tutti», che in Europa, dove la risposta alla crisi, cioè il via libera agli aiuti, registra pericolose manovre di insabbiamento. L'ostruzionismo dei Paesi nordici e frugali, il braccio di ferro tra i governi e il Parlamento di Strasburgo sul bilancio comune, i tempi del Recovery Fund che si allungano: il capo dello Stato, preoccupato, deve riprendere in mano il pallino della politica estera. «L'andamento dell'emergenza sanitaria causata dal Covid richiede all'Unione la massima tempestività nella messa in campo di tutte le misure necessarie. Per questo mi auguro che siano presto superati i tentativi di rallentamento».
Parole forti, fuori dal gergo diplomatico, che Mattarella pronuncia durante l'incontro al Quirinale con la presidente greca Katerina Sakellaropoulou. Tra Roma e Atene c'è «molta convergenza sulle principali questioni» sul tappeto, a cominciare dalla visione di un'Europa «solidale, coesa, autorevole», veloce nel soddisfare i bisogni dei cittadini, pronta a superare la burocrazia e, si spera, ad allentare presto i cordoni della spesa. E la Sakellaropoulou replica citando la risposta di Mattarella a Boris Johnson, che aveva messo in contrapposizione la Gran Bretagna agli altri Paesi più docili: anche noi amiamo la libertà, ma amiamo anche la serietà.
Intanto pure qui da noi i contagi corrono, la paura monta, gli ospedali iniziano ad avere problemi. Un altro lockdown? No, l'Italia non deve chiudere ma, avverte il capo dello Stato, «la necessità di tenere aperte scuole, fabbriche e uffici» comporta «una maggiore responsabilità», non solo dei singoli. «La libertà non è un fatto esclusivamente individuale, ma si realizza insieme agli altri, richiedendo responsabilità e collaborazione». Se vogliamo evitare di rivedere i negozi chiusi e le strade deserte, dobbiamo aumentare le precauzioni.
Responsabilità è dunque la parola chiave. Se ne vede poca negli ultimi tempi anche a livello politico, al di là del dibattito sull'uso delle mascherine, che sul Colle considerano stucchevole. Dagli scivoloni parlamentari della maggioranza ai contrasti tra centro e periferie, dalle liti continue sui provvedimenti da prendere alla poca disponibilità mostrata da Giuseppe Conte a consultarsi e condividere le scelte. Troppi decreti e poco confronto in Parlamento. E poi confusione, risposte lente, problemi per vaccini e tamponi. Persino Stefano Bonaccini, governatore dell'Emilia e presidente della conferenza Stato-Regioni, si è lamentato: «Il governo decida con noi, chi è più vicino al territorio può cogliere specifiche condizioni».
Concetti simili li aveva espressi Mattarella appena quattro giorni fa, il giorno in cui alla Camera è mancato il numero legale sulla
risoluzione di maggioranza sull'inasprimento delle misure. «È necessario uno sforzo comune e un impegno convergente delle istituzioni, il più possibile condiviso». Ma l'invito al dialogo del Quirinale è ancora senza risposta.
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