Più che un vocabolario servirebbe l'interprete, in questa fase politica indecifrabile in cui i contrari si attraggono più dei sinonimi. Dalla A di «accordo» alla V di «voto», guida semiseria alle parole della crisi.
Accordo Chiamatelo patto oppure inciucio, a seconda dei punti di vista, siamo al livello che le forze politiche un anno e mezzo dopo il 4 marzo 2018 si ritrovano a tentare l'impossibile: cioè trovare quei due-tre argomenti su cui essere d'accordo, appunto. Solo che finora è prevalsa l'accezione musicale del termine, considerato come se le sono suonate martedì in Aula.
Condizioni I democratici non vedevano l'ora tornare a dettarle, l'ultima volta che Renzi lo aveva fatto era con Orfini sulle squadre da scegliere a Fifa davanti alla playstation. Che poi per Zingaretti & C. siano cinque, tre o cinquantasette tipo le correnti del Pd, poco importa: a furia di piazzare paletti qua e là, il rischio è di piantarsene uno tra i piedi.
Discontinuità van cercando. Sembra il traguardo più ambito in questa impasse ferragostana, come un parcheggio all'ombra sul mare. Ci girano intorno da giorni, dalle parti del Nazareno. «No al Conte-bis», «se si sfila anche Di Maio è meglio», «con una donna a Palazzo Chigi» allora sì che si tirerebbe una linea sul passato. Perché l'apparenza conta, signori. E pazienza se tutto cambia affinché nulla cambi.
Interlocuzioni Di Maio giura di averle «avviate per creare una maggioranza solida». Sarà... di sicuro è la prova che nei momenti di difficoltà il burocratese viene sempre in soccorso. Dopo mesi di litigate coi leghisti a colpi di post e di tweet, di chat e spunte blu, strafalcioni assortiti e congiuntivi sbagliati, adesso per formare un governo affidabile bisogna «interloquire». Nell'attesa di conoscere l'esito di tali interlocuzioni, il sospetto della supercazzola sorge.
Iva Basta evocarne l'aumento al 25% per scatenare attacchi di panico e isteria collettiva. Tutti promettono di impedirlo. Costi quel che costi (tanto paghiamo noi). Il Babau intanto si nasconde sotto il letto del ministro dell'Economia, pronto a venire allo scoperto in caso di fumata nera al Quirinale. C'è da stare (poco) tranquilli: le previsioni dicono che dopo l'estate anche l'autunno sarà bollente.
Maratona Se in questi giorni avete visto più Enrico Mentana di vostra moglie, è tutto normale. In mancanza del campionato di calcio, va ora in onda la crisi minuto per minuto. Chissà chi avrà l'X Factor, chi resterà sull'Isola della maggioranza e chi sarà costretto ad abbandonare la Casa di Montecitorio. Nella politica da reality show la crisi di governo è lo spettacolo per eccellenza. Non sempre edificante.
Premier Ci vorrebbe un politico, anzi un tecnico, una figura di alto profilo istituzionale, un altro avvocato del popolo, un vero arbitro, un bravo traghettatore. O tutte queste cose insieme. È la posizione di lavoro più ricercata in Italia, i candidati di certo non mancano e Mattarella si vede costretto a fare il navigator. Ma che guaio con questa fuga di cervelli...
Responsabilità Un po' come il coraggio manzoniano citato da Salvini nel discorso al Senato, se uno non ce l'ha non se la può dare. Però quando il pericolo è di fare le valigie e di tornare a casa senza vitalizio, improvvisamente diventa una dote a buon mercato. Da sinistra a destra, tra giganti e cespugli, se si tratta di salvare la poltrona c'è sempre qualcuno disposto a essere più «responsabile» che coerente.
Svolta Caduto il governo gialloverde, bisogna dare un «drizzone» al Paese. Già, perché se l'Italia è al bivio la strada in discesa in questo momento è quella che porta a sinistra. Un fantasma si aggira per le stanze del Colle: l'esecutivo giallorosso. Ecco, non sono solo i laziali a fare gli scongiuri.
Voto Anticipato, of course.
Ultima spiaggia o via maestra, ogni volta scatta lo piscodramma per evitarlo finché è possibile. Non sia mai la parola torni agli elettori. Italiani guardate ma non toccate, da settant'anni la regola d'oro nel grande circo delle consultazioni.
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