Il governo esulta per l'ok convinto al dl costituzionale che riforma la giustizia. Ma il via libera è soltanto un primo step di un percorso che si preannuncia tortuoso ma soprattutto lungo. Essendo appunto un provvedimento costituzionale, che modifica la Carta, è soggetto a un iter regolato dall'articolo 138 della Costituzione. Il quale recita che «Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione». Doppia lettura, quindi, nei due rami del Parlamento. Non solo: «Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali». La tagliola del referendum, quindi, è sempre in agguato, a meno che «la legge sia stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti».
Ed è lo stesso sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano (nella foto), ad auspicare una più ampia convergenza, per evitare la consultazione popolare. Il testo è ancora emendabile e sulle modifiche potrebbero arrivare consensi extra maggioranza.
«Vi sarà un confronto nel merito in Parlamento su un testo che certamente non è blindato. Non è certo che si arrivi al referendum», ha detto Mantovano. Ad aggiungere carne sul fuoco la riforma costituzionale sul premierato che proprio in queste ore si sta discutendo in Senato, con il voto sugli emendamenti.
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