Rider geolocalizzati anche fuori dall'orario di lavoro; rider discriminati in base a punteggi di eccellenza; rider disumanizzati e umiliati, privati dei sacrosanti diritti di contestazione come di moltissimo altro; rider che sono stati perfino licenziati dopo essere morti, tramite semplice disattivazione dell'account e invio di SMS automatici, come accaduto nel 2022 al ventenne Sebastian Galassi, falciato da un Suv mentre effettuava consegne. E per una simile politica, per una sensibilità professionale tanto balorda per non dire totalmente barbara e degradante, il Garante della Privacy qualche giorno fa ha sanzionato l'azienda Glovo con una multa di 5 milioni di euro, che potrebbero sembrare una cifra esorbitante ma che invece, per quel che mi riguarda, è poca roba. Questi soldi anzi sono niente, sono le briciole sindacali dell'assurdo, sono l'elemosina dei sensi di colpa forzati. Qualcuno però potrebbe dire: è un segno. Certo, se il segno portasse poi a qualcosa di buono, cioè a una modifica palpabile di un sistema molto più che ingiusto, molto più che irresponsabile e fuori da ogni logica di produttività accettabile, con contratti degni di un racconto di Kafka e procedure di licenziamento ancora più immonde.
Glovo e altre piattaforme di delivery allora cambieranno in modo sostanziale? D'ora in avanti ci sarà maggiore tutela di questo stuolo di fattorini postmoderni che affolla inesorabilmente le nostre città? Per il momento continuiamo ad osservarli, in movimento tra una strada e l'altra oppure fermi, in attesa di ricevere il prossimo ordine.
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