«È una vergogna. Una vergogna nazionale». Daniele Novara, pedagogista, fondatore del Centro psicopedagogico dell'educazione, lo ribadisce con forza: «Ritenere che la chiusura delle scuole porti a un miglioramento dei contagi non ha alcun tipo di riscontro». Non sono solo parole. Se vogliamo parlare di numeri, Novara snocciola anche quelli. «Negli ultimi mesi, il picco di mortalità è stato il 5 dicembre con 659 morti, quando tutte le scuole erano chiuse da 13 giorni. La scuola è un ambiente sicuro, sano e rigoroso a differenza degli ambienti casalinghi che si presentano spesso come veri e propri focolai epidemici». Tenere aperte le scuole al contrario «è un elemento di sicurezza e prevenzione». Volerle chiudere è una richiesta «eccentrica e che può produrre un effetto boomerang».
È la sua risposta a chi la pensa come Giovanni Sebastiani, dell'Istituto per le Applicazioni del Calcolo «Mauro Picone» del Cnr che ieri ha detto: «Ci sono numerosi studi relativi a decine e decine di Paesi che dimostrano che il passaggio dalla didattica a distanza a quella in presenza fa crescere l'indice Rt del 25%, mentre il passaggio inverso lo fa abbassare nella stessa misura». Ma anche lui poi ha sottolineato che «il problema non è la scuola in sé, che è sicura, quanto il complesso delle attività connesse, come i trasporti e la stessa socialità».
Insomma siamo sempre lì. A un anno fa. E così «da più parti ritorna il pregiudizio contro i bambini, l'idea che siano gli untori del nuovo virus e addirittura quelli che colpiranno i loro nonni. Ma non ha alcuna base scientifica», tuona Novara. Mentre in Emilia Romagna fanno suonare ancora l'allarme: «Mai così tanti casi nelle scuole come a febbraio: dagli asili nido alle superiori sono stati in totale 6.080 tra bambini, ragazzi, insegnanti e personale gli emiliano-romagnoli ad aver contratto il Covid. Un aumento quasi del 70% rispetto a gennaio». Sono i dati presentati dagli assessori regionali per la Salute Raffaele Donini e alla Scuola, Paola Salomoni che hanno parlato di una «situazione inedita», con «un picco di contagiati che non ha paragoni con i mesi precedenti». Quindi «secondo l'interpretazione unanime degli scienziati, compresi i nostri esperti, tutto questo è dovuto alla maggiore diffusività del virus a causa della predominanza della variante inglese».
Forse sì. O forse no.
Novara mostra l'ultimo numero della prestigiosa rivista medica inglese Lancet, quello di febbraio dove si esclude «che le famose varianti del virus creino una crescita dei contagi e della loro pericolosità nei bambini. L'unica evidenza è che i bambini e i ragazzi stanno subendo una vita di reclusione con pericolosissimi danni per la loro crescita».
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