«Un'opera importante si può fare coi fondi del Pnrr. Una diga. Mettiamo insieme i soldi di 20 piccoli progetti, con tutto il rispetto non indispensabili, e realizziamo un'infrastruttura che serva a prevenire la siccità». La terribile emergenza in corso, Antonio Boselli la affronta con lo spirito pratico che può avere un imprenditore agricolo lombardo che da 40 anni col fratello veterinario guida l'azienda familiare (un allevamento di bovini da latte nel Lodigiano) ma ha anche presieduto a lungo Confagricoltura territoriale.
Boselli, qual è la situazione?
«Intanto, diciamo che dopo la pandemia e la guerra, si sta riscoprendo la nostra agricoltura. Prima c'era sempre qualche posto nel mondo in cui i prodotti costavano meno, ignorando la qualità e tutto il resto».
Pandemia e poi guerra...
«Col lockdown dei ristoranti, tutto andava sui supermercati, con margini ridotti. Poi sono comparsi i rincari e le difficoltà nei trasporti. A un certo punto portare la soia da Ravenna a casa mia ha cominciato a costare più del trasporto dal Sud America all'Italia. Ora i costi sono alle stelle. Anche il gasolio per l'autotrazione pensa per noi».
Ora la siccità.
«Intanto dico che l'acqua all'agricoltura non è uno spreco. Anche qui, dove si usa la sommersione, il terreno assorbe e l'acqua alla fine va in falda, torna nel Po o negli acquedotti. Se non la usassimo, arriverebbe al mare in due giorni. E addio».
Comunque la pagate, no?
«Certo, e teniamo in efficienza il sistema idrico minore, cosa fondamentale, mentre i fiumi sono spesso pieni di rifiuti».
Vi sentite sotto accusa?
«Gli ambientalisti ci sono sfavorevoli. Ma l'agricoltura lombarda produce il 44% del latte italiano ed è al 50% per i suini. Storicamente qui la fortuna è stata acqua, terra buona, e animali che la rendevano ancora più fertile. Venivano dall'estero a vedere. Vogliamo parlare del mais? Assorbe acqua ma anche Co2. Un ettaro di mais ne assorbe di più di un ettaro di bosco. E restituisce più ossigeno».
L'acqua sta per finire.
«Mi rendo conto che energia e turismo hanno le loro esigenze, ma un centimetro in meno del lago di Como vuol dire un milione e 450mila metri cubi d'acqua».
Servono livelli minimi.
«Sì, il deflusso minimo vitale, il 10% della portata media. Ma in 2-3 mesi estivi si è provato a stare sul 5%, senza problemi per la biodiversità. Invece si è tornati sul 10. Per l'Adda vuol dire 10 metri cubi al secondo, tanti».
Altre cose da fare?
«Nei laghi alpini l'acqua è sfruttati per l'energia, ma nei fine settimana continuano a produrre e se l'energia non viene assorbita, allora viene rimpompata. Le turbine non si fermano».
Il maggior rilascio dei produttori idroelettrici...
«Io spero che lo facciano tutti, nei rinnovi contrattuali ci vorrebbero clausole in tal senso, per la stagione irrigua».
L'ipotesi di bacinizzare il Po.
«Non sono un ingegnere, ma creare dei laghi sarebbe utile a tutti. Sarebbe anche più navigabile. Ora dovremmo guardare noi come fanno sul Reno».
Anche voi agricoltori dovrete fare la vostra parte.
«Certo. Usare sistemi di irrigazione vari, mangimi vari, e nuove tecniche di selezione vegetale. Ci sono specie resistenti alla siccità. Guardi, serve un impegno di tutti a 360 gradi. In Italia ci adagiamo, pensando che le cose vadano avanti».
Avete subito molti danni?
«Danni sì, ma il conto lo faremo in autunno. Intanto da ora siamo razionati. Avremo la metà dell'acqua, la solleveremo con le turbine e andremo avanti h24, senza tregua».
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