Vien fuori che a cercare la profondità, si trovano gli abissi. Capita anche alle intense donne piddine, evidentemente. Che lambiscono gli ambienti dei «benefattori» da coop e si ritrovano, loro malgrado e pur senza colpe, infossate in un regno d'ombra. È variegato l'universo femminile del Pd che è inciampato, a vario titolo, nelle scomode vicinanze di Salvatore Buzzi, patron di una costellazione di coop, appunto, e trait d'union tra Massimo Carminati, i Palazzi romani e il Partito democratico. Naso mefistofelico, narici superbe e un umanitarismo disumano Buzzi («Tu c'hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno» diceva soddisfatto in una delle telefonate intercettate durante l'inchiesta aperta contro di lui). Ma vai a saperlo, prima. Quando lo invitavano tutti senza star tanto lì a storcere il naso sulla sua radiosa antipatia o sulla sua robusta Audi troppo fiammante. Intanto era uno che faceva un sacco di bene a un sacco di povera gente e se i soldi, per quanto sguaiati, occorrono per uno scopo buono Tanto si sa che i limiti della sopportazione vanno forzati di continuo. E allora andava bene anche questo «pittoresco» Buzzi. Le donne adorano aiutare i principianti e «Salvatore delle coop» era un bersaglio ghiotto per le impegnate signore del Partito democratico, un'anima semplice incendiata dalle migliori intenzioni e solo un tantino da «rieducare». Infatti non c'era salotto che lo «schifasse» e di ora in ora continuano a spuntare nomi nella lunga lista di amici e conoscenti di Buzzi. Un po' come per il Grande Fratello , quando nessuno ammetteva di vederlo e poi il programma faceva i record di ascolti.
E così, «ravana che ti ravana...» nella photogallery del sito internet della cooperativa «29 giugno», improvvisamente appare una visita dell'eurodeputata Pd Simona Bonafè: abiti sportivi, una passeggiata nel cantiere della coop, strette di mano, domande interessate e interessanti sull'attività, un arguto interesse per tanta intraprendenza. E poi c'è anche l'immagine di un'assemblea del maggio 2013 in cui era ospite, come si sa, il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti.
Imbarazzo anche per la deputata Pd e responsabile del Welfare, Micaela Campana, per colpa di quell'incauto, infelice sms spedito all'abusato cellulare di Salvatore Buzzi: «Un bacio grande, capo» o «un bacio, grande capo». Solo la punteggiatura è incerta e le sfumature che la grammatica si porta dietro. Ma tant'è... la sostanza, in fin dei conti, cambia poco. Più laterale, ma pur sempre fastidioso, il contatto che emergerebbe anche con Pina Picierno, esponente del Pd, la pasionaria del carrello che andò a Ballarò munita di scontrino per sostenere l'utilità del bonus di 80 euro. Voleva dimostrare che con quella cifra, per una famiglia, era possibile fare due spese in più al mese e a Giovanni Floris (allora conduttore del talk show) toccò spulciare ad una ad una tutte le voci degli acquisti in diretta tv. Beh, anche la Picierno, in qualche modo, avrebbe urtato l'universo Buzzi quando ricevette, per la sua campagna elettorale, mille euro da parte di una coop finita nei brogliacci dell'inchiesta (ma non riconducibile a Buzzi). Ci sono schizzi di ogni colore del Pd attorno a Buzzi. È il bagno sporco delle comari buone. Che non fa reato ma scandaluccio. Certo, solo fino a quando si parlerà di Buzzi e dei suoi affari da cinquanta milioni di euro all'anno, della sua solidarietà sporca («Pago tutti, partiti, politici, giornali...» diceva, sempre intercettato).
Oggi che i suoi soldi hanno smesso di dispensarlo dagli obblighi verso la realtà, chi lo conosceva, si vergogna di averlo conosciuto. Tutto già visto, del resto. L'Italia è un Paese che non cambia mai verso, al massimo cambia versamento. Ah già, a proposito: Picierno, dov'è lo scontrino?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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