L'Italia si ritrova nuovamente davanti a una madre pietrificata e affranta, cancellata per sempre dalla faccia della terra con il dolore più crudele: la sua creatura uccisa dalla brutalità disumana. Purtroppo abbiamo imparato a familiarizzare con queste icone tristi, a immedesimarci senza alcuna fatica nell'animo schiantato di mamma. Ragusa come altre volte: già dai primi momenti, naturale e spontaneo il moto di vera pietà. La giovane signora Veronica, 25 anni e quel viso di madre bambina, subito accanto alle altre, alle madonne addolorate di questi nostri tempi osceni, la mamma di Denise, la mamma di Yara, la mamma di Sarah, la mamma di Chiara...
Ne parliamo tutti come si parla degli eroi e dei martiri, eroi per la prova che sopportano, martiri per il supplizio che subiscono. Anche Veronica, certo. Così l'abbiamo accolta il primo giorno, accompagnandola affettuosamente nella nobile galleria delle donne coraggio. Lì stava a pieno titolo, amata e compatita, fino a quando gli spifferi dell'inchiesta non hanno rivelato le prime incongruenze, le prime nebbie, le prime bugie. Inevitabile la conseguenza: almeno per il momento, Veronica esce dalla cerchia delle nostre sante ed entra in una fredda sala d'attesa. Attesa degli eventi. Attesa dei chiarimenti. Attesa della sincerità.
Dobbiamo tutti augurarci che gli investigatori, con loro noi giornalisti-megafoni, siano pienamente consapevoli della pesantezza di questi momenti. L'idea che la mamma di Loris debba pagare anche un durissimo pedaggio personale, passando da madonna a demonio nel breve giro di poche ore, è oggettivamente atroce. Tanto dolore supplementare si giustifica soltanto in presenza di verità assolute e inconfutabili, altrimenti saremmo tutti colpevoli di un reato imperdonabile: infangare ignobilmente una donna già distrutta di suo.
Se tuttavia siamo di fronte a indagini serie e responsabili - già premettere il se è raggelante, perchè significa che possano esistere indagini leggerone e superficiali -, se cioè dobbiamo credere agli ultimi elementi certi, allora anche la signora Veronica deve accettare il supplemento di dolore, nonchè di finire nella sala d'attesa della nostra solidarietà sospesa. L'idea che racconti bugie, come risulta dai filmati delle videosorveglianze, è davvero fuori dall'umana portata. L'immagine che tutti noi abbiamo di una madre nelle sue condizioni, una madre come la madre di Denise, di Sarah, di Yara, di Chiara, è molto scarna ed essenziale: con un figlio improvvisamente svanito nel nulla, peggio ancora massacrato dalla furia assassina, c'è solo dolore, dolore sconfinato e indicibile, ma anche sincerità, sincerità diretta e immediata. Una madre così può balbettare, può perdere il filo, può diventare persino catatonica, ma mai e poi mai direbbe una menzogna. Il suo racconto potrà risultare frammentario, confuso, slegato, come lo è il racconto di qualunque individuo in preda allo choc e al terrore, ma mai e poi mai potrà risultare bugiardo. Non c'è nessunissima possibilità che una madre amputata riesca a mentire. Se riesce, si apre un abisso vertiginoso e cupo di impronunciabili dubbi.
Il momento è delicatissimo, nel piccolo villaggio del Ragusano: il momento dei sospetti a pioggia, con l'incombente cappa delle atmosfere, dei legami, delle pratiche più turpi. Il torbido sta velocemente emergendo anche in quest'ultima tappa del nostro sanguinoso giro d'Italia. Viene fuori di tutto: il vero e l'inverosimile. Tocca alla mamma restituire qualcosa a Loris.
Deve spazzare via immediatamente le ombre dalla sua casa e dalla sua vita. Deve chiarire subito, prima che sia troppo tardi, se è madonna o demonio. Serve la verità. La sola verità. La dica chiara e netta. Almeno lei, tanto per cominciare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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