Manco il tempo di incassare la batosta siciliana, che già il centrosinistra torna a dare patenti di moralità, rispolverando il copione di sempre: l'antimafia forcaiola. Quella per cui, giolittianamente, l'etica come la legge vale per i nemici, si interpreta per gli amici.
L'inchiesta aperta dalla Procura palermitana su Edy Tamajo ha svelato il bluff: per il plurivotato deputato regionale di centrosinistra eletto con Sicilia Futura, accusato dai pm di aver acquistato voti al modico prezzo di 25 euro cadauno, in casa del Pd vale la regola del garantismo. Tre giorni prima, alla notizia dell'arresto di Cateno De Luca, era venuto giù il mondo. E siccome a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina - come teorizzava Andreotti, uno che di cose siciliane e dell'altro mondo se ne intendeva non si fa fatica a rintracciare nella differenza delle appartenenze l'unica ragione del doppiopesismo. Un passo indietro, fino all'arresto di De Luca, saltando per comodità il giorno della sua assoluzione nell'ennesimo processo da cui è uscito indenne. Rosy Bindi, presidente della commissione parlamentare antimafia, guida la protesta: «Così si droga il risultato delle elezioni», va giù pesante.
Né più né meno di quello che dirà il grillino Giancarlo Cancelleri: «Ormai il danno è fatto: senza i voti degli impresentabili il M5S avrebbe vinto». E persino Giovanni Ardizzone, uscente e non rieletto all'Ars perché in lizza con gli alfaniani estinti, parte all'attacco: «Io in questi anni ho tenuto lontana dal palazzo la mafia. Musumeci, che in queste elezioni per necessità si è fatto carico degli impresentabili, dovrà avere il coraggio, che non gli manca, di tenerli fuori». Duri e puri, ma solo con gli altri. Perché quando ieri è esploso il caso Tamajo, certo innocente fino a prova contraria, l'antimafia dei forconi è rimasta a guardare. E se Ardizzone è scomparso come Ap nelle urne, Rosy Bindi ha tentato di non smentirsi: stavolta niente attentato alla sovranità popolare, ma preoccupazione per «un uso improprio del consenso che sembra attraversare in modo bipartisan le forze politiche». Insomma, se l'impresentabile è di destra si falsano le elezioni, se viene da sinistra (ammesso che possa dirsi di sinistra uno come Tamajo, cresciuto alla scuola di Cuffaro prima di abbracciare l'ex ministro Totò Cardinale) al massimo usa impropriamente il consenso.
Niente di nuovo sotto il sole: la solita tiritera della doppia morale, a solo vantaggio dei Cinquestelle.
Che hanno così gioco facile a mascherare la sconfitta elettorale (ed ancor più la mancanza di appeal tra gli astenuti) sfilando i panni dei verginelli al Pd. Perché, si sa, nella gara a fare i puri si trova sempre uno più puro che ti epura. Lo diceva Pietro Nenni, ed era socialista e di sinistra. Ma nel centrosinistra non lo sanno.
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