Un dossier sul caso Orlandi. Nuovi veleni in Vaticano

Mezzo miliardo di lire speso dalla Santa Sede per gestire la scomparsa della ragazza. Ma il carteggio sa di falso

Un dossier sul caso Orlandi. Nuovi veleni in Vaticano

Un documento clamoroso che apre un nuovo capitolo sul giallo della scomparsa di Emanuela Orlandi, la giovanissima cittadina vaticana misteriosamente svanita nel nulla nel giugno del 1983. A pubblicare il carteggio riservato sono stati il Corriere della Sera e La Repubblica, anticipando il contenuto di un nuovo libro di Emiliano Fittipaldi («Gli impostori»). I contenuti del carteggio, se il documento fosse vero, sarebbero esplosivi: si tratta di una nota che sarebbe stata redatta nel 1998 dall'Apsa, l'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, contenente una rendicontazione di tutte le spese che sarebbero state sostenute dal Vaticano per gestire la vicenda di Emanuela Orlandi e tenere la ragazza lontana da Roma, più precisamente a Londra. Una spesa di quasi 500 milioni di vecchie lire avvenuta tra il 1983 e il 1997.

Nel carteggio, indirizzato all'allora Sostituto della Segreteria di Stato, Giovanni Battista Re, oggi vice-decano del Collegio Cardinalizio, e all'allora Segretario per i Rapporti con gli Stati, Jean-Louis Tauran, il cardinale Lorenzo Antonetti, all'epoca a capo dell'APSA, indicherebbe delle uscite monetarie incredibili: il pagamento, ad esempio, delle parcelle di una ginecologa britannica, una spesa di 9 milioni di lire per «attività investigativa relativa al depistaggio», 50 milioni per «attività d'indagine riservata diretta dal Cardinale Casaroli» (a quei tempi Segretario di Stato Vaticano), oppure 8 milioni per il pagamento della «retta vitto e alloggio 176 Chapman Road Londra», l'indirizzo dove avrebbe vissuto Emanuela Orlandi, a spese del Vaticano, fino al 1997. Il documento, come racconta il giornalista Emiliano Fittipaldi, arriverebbe proprio dai palazzi d'Oltretevere, in particolare dalla cassaforte dell'ormai soppressa Prefettura degli Affari Economici che, nella notte tra il 29 e il 30 marzo 2014, era stata scassinata. Tra i documenti rubati c'era l'archivio della Commissione Pontificia COSEA, organismo di cui era coordinatore Mons. Lucio Angel Vallejo Balda e di cui era membro Francesca Immacolata Chaouqui, entrambi poi condannati dalla giustizia vaticana per lo scandalo Vatileaks 2.

«Non ho mai visto quel documento pubblicato da Fittipaldi, non ho mai ricevuto alcuna rendicontazione su eventuali spese effettuate per il caso di Emanuela Orlandi» ha spiegato a Tgcom24 il cardinale Giovanni Battista Re, che risulta tra i destinatari del documento del 1998. «È un documento falso e ridicolo» ha commentato Greg Burke, direttore della Sala Stampa Vaticana. E in effetti, gli indizi per parlare di autentica «patacca» ci sono tutti. A partire dal nome di battesimo di uno dei destinatari, Jean-Louis Tauran, nella lettera ribattezzato invece «Jean Luis» e al quale il mittente si rivolge definendolo «Sua Riverita Eccellenza», anziché «Sua Eccellenza Reverendissima». Basta poi leggere la prima riga del carteggio, per rendersi conto di esser di fronte ad una polpetta avvelenata: si parla di «Prefettura dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica», ma l'APSA, all'epoca, come oggi, è guidata da un «Presidente» e non da un «Prefetto».

La lettera si chiude poi con la firma dattiloscritta del cardinale Lorenzo Antonetti, ma non c'è traccia di alcuna firma autografa o di timbri ufficiali dell'APSA. Tutti e cinque i fogli sono insomma puliti. In serata il Vaticano ha sottolineato che il dossier «lede l'onore della Santa Sede. Esprimiamo vicinanza alla famiglia Orlandi».

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