«Ci sono troppi rischi, devo gettare la spugna». Se l'è vista brutta la dottoressa Elena, corsista precaria che studia per divenire medico di famiglia, aggredita dal marito di una paziente mentre svolgeva il suo turno alla Guardia medica di Polizzi Generosa, nel Palermitano. Ne è uscita indenne, mentre il padre, che le faceva da guardia del corpo nei turni di notte, è adesso a casa con due costole fratturate.
Quel lavoro Elena, che non ha neanche 30 anni, lo aveva desiderato tanto e aveva anche ponderato a lungo la situazione, tra rischi che vivono ogni giorno i medici in trincea nei presidi sanitari, specie nei turni di notte, e la volontà di fare nella vita quello per cui ha studiato. Alla fine aveva accettato e a infonderle coraggio c'era la presenza costante del papà.
Sarà che le aggressioni precedenti ai medici evidentemente non hanno insegnato molto, tanto che, dopo la proposta di far piantonare le guardie mediche da una guardia giurata, ciò ancora non avviene, sarà anche che uno dei casi più emblematici di aggressioni a un medico, ovvero quello della dottoressa Serafina Strano violentata a Trecastagni (Catania) per due ore da un paziente, pur avendo avuto risalto nazionale, è poi passato nel dimenticatoio, fatto sta che il 26 febbraio un uomo ha minacciato prima per telefono e poi in ambulatorio il medico di turno.
«Venga subito. Mia moglie sta male». L'uomo, impaurito da un possibile contagio della moglie da Coronavirus, pretendeva che la dottoressa lasciasse scoperto il presidio per una visita a domicilio. «La signora aveva solo brividi e niente febbre, tutti sintomi più o meno influenzali spiega il medico - Avvio il triage telefonico imposto dal ministero per una diagnosi che scongiurasse eventuale contagio da Coronavirus», ma viene investita da minacce da parte dell'uomo che, seguendo il suo consiglio, si è palesato in ambulatorio con la consorte. «Urlava ed era visibilmente aggressivo racconta Elena - È intervenuto mio padre per smorzare i toni, ma tra pugni sulla scrivania e spintoni è caduto rompendosi due costole». La dottoressa è uscita gridando in cerca di aiuto e la gente del posto è arrivata e ha chiamato i carabinieri, mentre l'uomo scappava.
«Dall'aggressione ho interrotto i turni. Ho chiesto all'Asp di essere assegnata ad altro presidio, ma non ci sono disponibilità, perciò mi sono dimessa». Secondo la dottoressa in queste condizioni è «impensabile proteggersi da soli, soprattutto per le donne. Ci sono pazienti che pretendono cose che non stanno né in cielo né in terra dice - Corriamo pericoli che non dovremmo affrontare».
L'ennesima aggressione porterà a una riorganizzazione delle guardie mediche o alla messa in sicurezza attraverso la presenza di chi è preposto a vigilare che non sia il familiare del medico di turno? Intanto arrivano messaggi di solidarietà alla dottoressa e l'Ordine dei medici si costituirà parte offesa e parte civile nel processo, mettendo a disposizione l'assistenza legale.
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