Mentre il Parlamento europeo approva una risoluzione che chiede l'embargo totale e immediato delle importazioni di gas, petrolio e carbone dalla Russia, Mario Draghi e Marke Rutte non nascondono quanto nella pratica sia difficilmente percorribile la via del blocco totale. Il premier italiano e il primo ministro dei Paesi Bassi affrontano il dossier in un lungo incontro a Palazzo Chigi. Sul tavolo, ovviamente, l'invasione decisa da Putin in Ucraina e il nodo di nuove e più stringenti sanzioni contro Mosca. Questione su cui - nel merito - né Draghi né Rutte hanno dubbi. Nella consapevolezza, però, che un embargo totale non è almeno per il momento una strada davvero possibile.
I due, peraltro, non ne fanno mistero neanche nelle dichiarazioni pubbliche. È motivo di «grande frustrazione», ammette il primo ministro olandese, ma «non possiamo smettere d'importare gas» dalla Russia. Al momento, infatti, «i Paesi Bassi sono troppo dipendenti» dal sostentamento energetico che arriva da Mosca e ora «dobbiamo fare di tutto per ridurre presto questa dipendenza». Insomma, «vorremmo veramente fermarci subito ma in questo momento non è possibile». Parole molto simili a quelle di Draghi, anche se sul punto l'ex numero uno della Bce ha preferito essere meno tranchant. «Sciogliersi dalla dipendenza del gas russo è difficile, ma se la guerra continua con le atrocità che abbiamo visto dobbiamo avere in mente che può essere una prospettiva», è la premessa di Draghi. Che poi torna sulla necessità di diversificare: sotto il profilo delle fonti di approvvigionamento (lunedì il premier sarà ad Algeri) e sotto quello delle «energie alternative» come le «rinnovabili» (in uno dei prossimi Consigli dei ministri si ragionerà su come velocizzare le autorizzazioni).
Insomma, in attesa del prossimo Consiglio europeo che dovrebbe tenersi a maggio, Draghi e Rutte ragionano soprattutto su soluzioni alternative a quelle dell'embargo totale. D'altra parte, spiega l'ex Bce, «la guerra ha causato un peggioramento delle prospettive di crescita» e sia Italia che Olanda sono fortemente dipendenti dalle forniture di gas russo. Serve, insomma, cautela. Nonostante comprare da Mosca significhi evidentemente «finanziare» l'economia russa e, quindi, «indirettamente la guerra». Ragion per cui Draghi continua a spingere sull'introduzione di un price cap europeo, un tetto per controllare il costo delle public utility da imporre «utilizzando il potere di mercato che ha l'Europa in quanto grande acquirente di gas». Sul punto, in verità, l'Olanda è piuttosto scettica. Tanto che Draghi ammette di non essere ancora riuscito a convincere Rutte sull'opportunità del tetto. C'è stato, però, «un passo fondamentale» perché non ci sarà un'ostilità di principio da parte del primo ministro olandese. «Il mio non è un no ideologico, se i vantaggi sono superiori ai problemi posso essere convinto», spiega Rutte. Anche se non solo l'Olanda dubita che il price cap possa portare davvero dei benefici, visto che - sostengono gli scettici - il problema non è tanto il costo del gas che dalla Russia arriva in Europa, quanto il prezzo a cui viene quotato dalle aziende europee che lo portano poi a consumatori finali.
Ed è proprio ad Amsterdam, dove ha sede l'Ice Endex che gestisce lo scambio dei contratti di questa fonte energetica, che si decide quanto costa il gas per i consumatori finali. Con prezzi decisamente al rialzo, se la previsione che fanno in molti per la prossima trimestrale dell'Eni è più che positiva.
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