Draghi sferza l'Ue: "Non dire sempre no"

L'ex premier, da "superconsulente", dà la scossa alle istituzioni europee: "Fate qualcosa"

Draghi sferza l'Ue: "Non dire sempre no"
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Insomma, fate qualcosa. «Una qualunque», a vostra scelta, ma che sia subito. Ora.

Doveva fare il nonno, il pensionato, il padre nobile, la riserva delle istituzioni italiane e continentali, invece a pochi mesi dalle elezioni di giugno, ecco Mario Draghi a Strasburgo che si sfoga con i presidenti delle commissioni per i ritardi. Che li strapazza. «All'Ecofin informale di sabato scorso, a Gand, mi hanno chiesto qual è l'ordine in cui le riforme andrebbero realizzate. Ebbene, io non ho idea dell'ordine migliore, però vi posso dire questo: per favore, fate qualcosa». Più che un appello, un martellamento, un rap, un'operazione di training psicologico politico. «Per favore, fate qualcosa. Fate qualcosa, scegliete voi l'ordine e fate qualcosa. Non potete passare altro tempo dicendo no a tutto».

No agli eurobond, no al debito comune, no alla fiscalità condivisa. Bruxelles frena persino sugli investimenti che secondo l'ex premier sono necessari e urgenti per rilanciare l'economia. Chissà, forse Super Mario studia da presidente del Consiglio Ue, o magari ha altri piani in testa. Però ormai le coincidenze si moltiplicano e non può più sfuggire il suo costante ruolo di pungolo. Ogni occasione, ogni discorso o incontro sono buoni per randellare le eccessive prudenze dei vertici dell'Unione.

Del resto lui non è un passante, è l'uomo che Ursula von der Leyen ha incaricato di trovare il sistema per rilanciare la competitività europea, stretta tra Usa, Cina, Russia e altri emergenti. Come se fosse facile. Draghi consulta, incontra, forma una squadra di esperti, commissiona ricerche, espone grafici. E tenta di scuotere il Palazzo. Non è solo una questione di soldi, avverte. «Quello è solamente un aspetto. L'altro riguarda le riforme strutturali e una profonda rivisitazione delle regole». Il mondo va avanti, la Ue è bloccata. «Il mercato unico è largamente imperfetto, ci sono centinaia di direttive che non vengono attuare». La macchina si inceppa. E poi, come possiamo competere se paghiamo l'elettricità tre volte tanto gli Usa, il gas cinque o sei? Quindi per Draghi è il momento di «aumentare e migliorare la spesa pubblica per sostenere gli investimenti privati nelle innovazioni».

Sono obbiettivi trasversali, destra e sinistra non c'entrano. Economia verde, digitalizzazione, intelligenza artificiale, transizione, controllo del clima: sono questi i campi di battaglia futuri «in un contesto geopolitico in rapida evoluzione». Serve allora «una riflessione sugli strumenti a nostra disposizione per ridurre i rischi». Scelte economiche forti e ristrutturazione profonda delle governance per garantire ancora l'autonomia strategica. Bisogna decidere, ed esserne capaci: oggi il veto di un singolo Paese può fermare tutto per anni.

Insomma, se vogliamo tenere il passo con i competitori, sarà il caso di snellire le istituzioni europee, «sviluppando gli

strumenti a disposizione» e creandone di nuovi. Non sarà una passeggiata. «Fondamentale a questo scopo sarà costruire il consenso per una svolta cruciale». I governi dovranno cedere sovranità. «Fare i sacrifici. Fare qualcosa».

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