"Dream Team Italia con Draghi al governo e Berlusconi al Colle"

Il coordinatore di Forza Italia: "È un sogno realizzabile, occasione di pacificazione"

"Dream Team Italia con Draghi al governo e Berlusconi al Colle"

Mancano due settimane all'elezione del presidente della Repubblica. La discussione si fa sempre più accesa: c'è chi, soprattutto a sinistra, invoca una figura del capo dello Stato squisitamente notarile, e chi pensa che il presidente della Repubblica possa contribuire con il suo ruolo a favorire il nostro Paese nelle relazioni internazionali. Una figura come Silvio Berlusconi sta raccogliendo molti consensi trasversali, anche fuori dal centro-destra, perché gli viene riconosciuta un'esperienza, una notorietà e una rete di relazioni internazionali senza uguali nel nostro Paese.

Onorevole Tajani, coordinatore nazionale di Fi, lei conosce bene Berlusconi, con cui collabora da trent'anni, ed è esperto di relazioni internazionali, da ex-presidente del Parlamento Europeo e da vice presidente del Ppe. Qual è la sua opinione?

«Non ne farei una questione di destra o di sinistra. Nessun presidente della Repubblica, da Einaudi a Mattarella, qualunque fosse la sua storia politica, ha inteso il suo mandato in modo semplicemente notarile. Il presidente della Repubblica è rigorosamente terzo nei confronti del gioco politico, è garante degli equilibri costituzionali, ma soprattutto come dice l'articolo 87 della Costituzione, è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale. Come tale ha un ruolo importante anche nell'ambito delle relazioni internazionali. Naturalmente la titolarità della politica estera appartiene al governo in carica, ma il presidente della Repubblica, con l'autorevolezza che deriva dalla sua figura e della sua funzione, può consolidarne gli indirizzi inquadrandoli in un orizzonte più vasto, che riguarda le linee fondamentali della nostra politica internazionale».

Il presidente della Repubblica non partecipa ai grandi vertici internazionali. Ma dal Quirinale è possibile incidere sulla politica estera e in che modo?

«Il Quirinale oltre a svolgere un ruolo di alta rappresentanza può - e a mio giudizio deve - essere garante della continuità delle scelte fondamentali quella atlantica e quella europea che sono patrimonio comune della Nazione».

Qualcuno ha sposato la tesi, stravagante, che un leader di partito non possa essere adatto al ruolo di capo dello Stato. Lei cosa ne pensa?

«Le rispondo con le parole di Giorgio Napolitano: Tutti i miei predecessori - a cominciare, nel primo settennato, da Luigi Einaudi - avevano ciascuno la propria storia politica: sapevano, venendo eletti Capo dello Stato, di doverla e poterla non nascondere, ma trascendere. Così come ci sono stati presidenti della Repubblica eletti in Parlamento da una maggioranza che coincideva con quella di governo, talvolta ristretta o ristrettissima, o da una maggioranza eterogenea, e contingente. Ma nessuno di loro se ne è fatto condizionare».

Il presidente Berlusconi ha avuto rapporti di amicizia e strettissima collaborazione con presidenti degli Stati Uniti. Sull'altro versante vanta una grande amicizia con il presidente russo Putin. Queste relazioni importanti potrebbero essere sfruttate di più per salvaguardare gli interessi del Paese se fosse eletto al Quirinale?

«Silvio Berlusconi ha sempre messo a disposizione del Paese i rapporti personali di consuetudine, stima e amicizia creati in tanti anni di relazioni internazionali. Lo ha fatto per esempio quando l'Europa si è trovata a dare una risposta comune e solidale all'emergenza determinata dalla pandemia da Covid-19. Ha lavorato molto per convincere i leader amici a dare vita a quello che sarebbe diventato il Recovery Plan: la più importante iniziativa europea della storia recente, che probabilmente ha salvato l'unità dell'Europa e che ha offerto al nostro Paese la possibilità di ripartire. Ha potuto farlo pur senza ricoprire ruoli istituzionali, se non quello di parlamentare europeo, e anzi trovandosi all'opposizione del governo Conte allora in carica, perché l'interesse nazionale viene prima di ogni questione di parte. Nell'alta veste istituzionale di Capo dello Stato potrebbe fare molto di più».

Poi c'è il rapporto con gli altri paesi europei. Berlusconi è il leader del principale partito italiano che aderisce al Ppe, cioè al più grande gruppo del Parlamento Europeo. Questo ruolo può rivelarsi prezioso per salvaguardare l'Italia a Bruxelles durante la realizzazione del Pnrr, tanto più in una fase delicata come il dopo-Merkel?

«Non vi è dubbio sul fatto che oggi Berlusconi sia fra i leader politici del Ppe - la figura più nota e più autorevole. Del resto il Ppe non è solo la più grande famiglia politica europea, è il gruppo politico sul quale si basata la stabilità delle istituzioni europee. Senza dubbio l'uscita di scena di Angela Merkel ha aperto una fase nuova, nella quale sono ancora da definire leadership chiare. Del resto quasi tutti i maggiori paesi d'Europa attraversano fasi di transizione e di trasformazione complesse, che mettono in discussione equilibri consolidati nei decenni. Ma l'Italia, nonostante i suoi molti problemi, gode di una condizione positiva: la stabilità di un quadro politico che riunisce la gran parte delle maggiori forze del paese è apprezzata in Europa e dai mercati».

Il futuro presidente della Repubblica potrebbe avere un ruolo nei processi di distensione in un mondo in cui si moltiplicano le aree di crisi?

«Nel 2002, da presidente del Consiglio, Berlusconi ospitò a Pratica di Mare la storica firma dell'accordo con il quale Stati Uniti e Russia, con gli altri paesi della Nato, ponevano formalmente fine alla guerra fredda. Aveva insistito molto con Bush e Putin - anche sfruttando l'amicizia personale con entrambi - per arrivare a quella firma, che chiudeva mezzo secolo di terrore nucleare e che tutti speravamo aprisse una nuova stagione di stabilità e cooperazione internazionale. Purtroppo non è andata così, per responsabilità che spetterà indagare agli storici del futuro. In un mondo non più bipolare, nel quale la Cina svolge un ruolo sempre più forte e preoccupante, gli Stati Uniti hanno ridimensionato il loro impegno internazionale, l'Europa non è ancora riuscita a trovare un'unità nella politica internazionale che si traduca anche in uno strumento militare comune, gli scenari di instabilità e di crisi si moltiplicano, fino al cuore della stessa Europa, come dimostra la crisi Ucraina. Cosa può fare l'Italia in tutto questo? Da sola molto poco, anche se molti di questi scenari di crisi ci riguardano direttamente o lambiscono comunque il nostro paese: penso al dramma migratorio e alla crisi energetica. Siamo però parte dell'Alleanza Atlantica e dell'Unione Europea, due istituzioni complementari e non concorrenti. Il presidente della Repubblica - soprattutto se fosse una figura conosciuta e autorevole come Silvio Berlusconi, l'unico leader nella storia ad avere presieduto per tre volte il G8 - potrebbe far sentire la sua voce con particolare autorevolezza, per indicare la strada della solidarietà e della compattezza del mondo libero».

Berlusconi mantiene grandi rapporti con i leader della Terra. Anche Draghi, che a Palazzo Chigi sta affrontando un'emergenza sanitaria ed economica ben lungi dall'essere finita, può contare su relazioni importanti. Le chiedo: immaginare un dream team, con Draghi a Palazzo Chigi e Berlusconi al Quirinale, per gestire una fase complicata che durerà qualche anno, è davvero una prospettiva irrealizzabile? Si potrebbero creare le condizioni per una pacificazione nazionale?

«Tutt'altro che irrealizzabile. È un sogno a portata di mano, una soluzione di altissimo profilo che risponderebbe all'interesse della Nazione.

Se Silvio Berlusconi deciderà di accettare la candidatura al Quirinale, come in tanti gli stiamo chiedendo di fare, mi auguro che tutti colgano l'occasione irripetibile di pacificazione nazionale, di stabilità e di autorevolezza legata a questa scelta. Berlusconi e Draghi, nel rispetto dei ruoli di ciascuno, potrebbero svolgere un lavoro straordinario in un momento delicatissimo per il futuro della Nazione e per quello dell'Europa».

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