
Neutralità delle toghe sotto esame, in un Paese che vede la giustizia sempre più coinvolta nel definire i destini (immagine, vita e carriera) dei leader politici. Lista non esaustiva: un ex presidente della Repubblica con braccialetto elettronico condannato in via definitiva (neogollista, Sarkozy) e con altro processo aperto per l'affaire libico (rischia 7 anni, una multa di 300mila euro e 5 anni di ineleggibilità); la leader meglio proiettata nei sondaggi per l'Eliseo appena esclusa dalla corsa presidenziale (Le Pen) con "esecuzione provvisoria" della pena; un primo ministro (Bayrou) costretto a convivere con accuse simili. A lui il tribunale ha concesso il beneficio del dubbio. Ma l'accusa ha ricorso, lasciando la spada di Damocle sul suo operato.
In questo panorama la magistratura francese torna al centro del dibattito politico. Ieri in Assemblée ogni partito ha tirato fuori i suoi assi al question time: e i consueti avversari nel centro e nella destra, per un giorno, non sembravano essere in Aula. Ma nelle procure. Il caso Le Pen ha riannodato infatti quel fil rouge che sembrava appartenere a un'altra epoca. A quel 2013 in cui in cui l'intera parete di una stanza della città giudiziaria di Parigi riservata al Syndicat de la Magistrature "SM" - corrente di sinistra delle toghe - ospitava una "galleria" fotografica di personalità di destra e di estrema destra: politici, giornalisti, intellettuali. Battezzata "il muro degli idioti" (le mur des cons; la traduzione letterale sarebbe più insultante), guadagnò le prime pagine grazie a un cronista che immortalò il collage. Foto dei "nemici". Vari neogollisti, tra cui Sarko, lepenisti. Molti, negli anni, finiti poi a vario titolo a processo. La regola di ingaggio per arricchire di profili il "muro"? "Prima di aggiungere un idiota, controlla che non ci sia già".
Françoise Martres, allora presidente di "SM", seconda sigla delle toghe fondata nel 1968, è stata condannata per "oltraggio" in via definitiva. E se tutti in Francia ricordano l'effetto disastroso che il "muro" ebbe su una parte dell'opinione pubblica, "l'esecuzione provvisoria" di Le Pen oggi risveglia i partiti. La paura, dopo l'azione sul Rn, non può essere un alibi per star zitti e buoni solo perché vittima è l'avversaria diretta, la linea neogollista; i repubblicani non dimenticano l'azzeramento di altri leader, il moderato ex premier Juppé nel 2004 e il candidato all'Eliseo Fillon, dato vincente nel 2017, bloccato da procedimento giudiziario.
Ieri il primo sussulto comune. "Tutti i cittadini devono potere far valere il loro diritto a fare appello", la frase del Guardasigilli Darmanin in difesa di Le Pen pur da fiero oppositore. Poi un messaggio: speriamo che sia un'elezione, quella 2027, in cui ognuno possa scegliere il candidato. Il ministro della Giustizia ha poi definito "inaccettabili in una democrazia" le minacce di morte contro la magistrata Bénédicte de Perthuis. Ora sotto scorta. Ma "spera" che i tempi per l'appello di Le Pen siano "il più ragionevoli possibile". Lo scorso novembre, da semplice deputato, spiegava: "Sarebbe profondamente scioccante se Le Pen venisse ritenuta ineleggibile". Invece così è andata. Altri macroniani fanno melina, divisi tra la strategia dello struzzo, della minimizzazione, e dell'attacco all'avversaria estromessa dalla corsa all'Eliseo che grida al golpe giudiziario. Olivia Grégoire, deputata ed ex ministra, non gradisce la "vittimizzazione". Sostiene che il Rn abbia soltanto "sbagliato linea di difesa, non è il caso di una giustizia che sceglie chi può correre, l'elezione presidenziale è di contesto". Invece il premier Bayrou, rispondendo in Assemblée, taglia corto: come politici, non abbiamo il diritto di criticare i magistrati. Ma ci sono "interrogativi" da aprire sulla cosiddetta "esecuzione provvisoria" dell'ineleggibilità. "Deciderà il Parlamento se cambiare la legge che merita una riflessione", dice sollecitando il dibattito parlamentare. Aspetto "positivo", per il Rn.
Uno degli alleati di Le Pen, l'ex leader neogollista Eric Ciotti, coglie l'attimo: il 27 giugno presenterà una proposta di legge per sopprimere l'esecuzione provvisoria: "Spero possa entrare in vigore nell'ultimo trimestre dell'anno"; prima dell'appello di Le Pen. Il tribunale d'appello, rincorso dal pressing, in serata annuncia: sentenza di secondo grado per Le Pen entro l'estate 2026.