E l'Italia ora teme di restare indietro. L'ultima l'ipotesi: distanziare le dosi

Esperti cauti: entro giugno dovremmo avere fiale a sufficienza. L'idea inglese di ritardare il richiamo per vaccinare più persone. Pregliasco apre, ma Cauda: "Errore, potrebbe pregiudicare il risultato"

E l'Italia ora teme di restare indietro. L'ultima l'ipotesi: distanziare le dosi

L'allarme lanciato da Biontech, l'assoluta insufficienza delle dosi di vaccino anti Covid prodotto con Pfizer rispetto al fabbisogno mondiale, non deve spaventare l'Italia. Il nostro Paese ha già acquistato quelli messi a punto da Moderna e AstraZeneca, non appena arriverà il via libera degli organi di controllo europei e nazionali la copertura sarà totale. A confermarlo sono anche gli esperti, che invitano a non cedere alla preoccupazione: la campagna vaccinale italiana non dovrebbe subire alcuno stop. «Entro giugno dovremmo avere a disposizione almeno 60 milioni di dosi, che dovrebbero essere sufficienti a vaccinare buona parte della popolazione spiega il virologo dell'università Statale di Milano, Fabrizio Pregliasco -. Nei prossimi giorni sapremo quando arriverà il prodotto di Oxford-AstraZeneca, sul quale il nostro Paese punta molto. Siamo di fronte a una battaglia a livello globale, che è quella di arrivare primi per ottenere un vantaggio competitivo rispetto alle nazioni mano coperte. Su questo non siamo in ritardo, la campagna vaccinale è stata concepita con la giusta sequenza e ricalca quella di altri Stati. Il vero scoglio, adesso, è convincere anche i più scettici a immunizzarsi». Insomma, il rischio al momento non è alto.

«Non siamo partiti in ritardo prosegue l'esperto -, ci sono ancora alcuni aspetti da chiarire ma penso sia fisiologico». Per ovviare alla scarsità delle scorte esiste la possibilità di allungare l'intervallo di somministrazione fra la prima e la seconda dose. Su questo la britannica British medical association ha già espresso parere negativo. Pregliasco è di diverso avviso: «Penso che questa potrebbe essere un'ottima soluzione. È sempre controindicato anticipare un vaccino, posticiparlo non rappresenta un problema. Anzi, potrebbe essere addirittura un vantaggio». Di parere opposto è Roberto Cauda, direttore Malattie infettive del policlinico Gemelli: «Allungare questo intervallo potrebbe essere un errore. La fase tre della sperimentazione ha provato che devono passare 21 giorni fra le due somministrazioni, penso sia quindi giusto rispettare quanto dimostrato finora, per evitare di pregiudicare il risultato». L'Italia non deve comunque temere, perché i vaccini arriveranno e saranno sufficienti. «Se Biontech fosse l'unica azienda coinvolta ci sarebbe da tremare, perché non potrebbe mai coprire da sola la richiesta mondiale afferma -. Ma sappiamo che ci sono almeno altri due vaccini in arrivo e questo ci mette al riparo. Moderna e Astra-Azeneca dovrebbero ricevere il via libera a breve. La seconda potrebbe ottenere il lasciapassare dell'Ema a gennaio, in questo modo la campagna vaccinale italiana proseguirà senza intoppi. È ancora presto per giudicare l'organizzazione, in linea generale stiamo seguendo lo schema degli altri Paesi europei e degli Stati Uniti. È fisiologico che Biontech dica di non farcela da sola, nessuna azienda avrebbe la potenzialità di produrre milioni di dosi in tempi brevissimi». La scommessa, adesso, è fare in modo che tutta la popolazione aderisca, senza indugio. «Occorre far capire l'importanza di questa fase conclude Cauda -, l'accettazione deve essere larga e convinta». Abbastanza ottimista è anche Carlo Federico Perno, direttore di Microbiologia dell'ospedale Bambino Gesù di Roma: «L'Italia ha saggiamente effettuato preordini di vaccini diversi. Abbiamo bisogno di cento milioni di dosi per coprire tutta la popolazione. Pensare che una sola azienda possa farcela non è realistico». Occorre però fare molta attenzione.

«Allungare i tempi di somministrazione, come proposto in Gran Bretagna, potrebbe essere una soluzione per garantire una copertura, anche se parziale, a più gente possibile. È però indispensabile che la seconda dose contenga lo stesso identico prodotto della prima».

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