E Xi vola dallo Zar: la missione del leader che non cerca la pace ma affari per Pechino

Il presidente a Mosca da lunedì. Il Cremlino: "Inizia una nuova era di collaborazione". I timori degli Usa sul cessate il fuoco.

E Xi vola dallo Zar: la missione del leader che non cerca la pace ma affari per Pechino

Al Cremlino sono pronti a scommettere sull'«inizio di una nuova era di collaborazione e relazioni strategiche». I portavoce del ministero degli esteri di Pechino si limitano, invece, ad annunciare uno «scambio di opinioni su grandi questioni» e un summit destinato ad «approfondire la fiducia reciproca tra Cina e Russia». In verità ben pochi sono in grado di prevedere su quali obbiettivi si concentrerà il presidente cinese Xi Jinping nelle 72 ore che trascorrerà a Mosca tra lunedì e mercoledì. Di certo non lo sanno gli americani preoccupati che la mediazione di Pechino si riveli troppo russo-centrica e trascuri gli interessi degli alleati ucraini. Non a caso il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby ha già messo le mani avanti sostenendo che il cessate il fuoco previsto dal piano di pace cinese non porterebbe ad «una pace giusta e durevole», ma sarebbe semplicemente «la ratificazione della conquista russa».

Anche il Cremlino - pur salutando l'atteso arrivo dell'«amico del cuore» - è ben attento a non cadere nelle trappole dell'opportunismo cinese. Ma per i russi non c'è molto spazio di manovra. La tre giorni moscovita del presidente cinese è, in effetti, una partita senza ostacoli capace di regalargli un successo comunque vada. Se non riuscirà ad arginare l'impeto militare dell'«amico del cuore» Xi Jinping si garantirà comunque i vantaggi economici, finanziari e commerciali di un conflitto che gli consente - complici le sanzioni - di mettersi in tasca gas, petrolio e materie prime russe a prezzi da svendita. Un affare senza precedenti a cui s'aggiunge l'opportunità d'inondare il mercato russo di manufatti, chip e circuiti elettronici provenienti un tempo da Taiwan e dall'Europa. Una prospettiva evidenziata già oggi dai dati commerciali del 2023. Alla fine di quest'anno il 50 per cento delle auto e il 75 per cento dei telefonini venduti in Russia saranno «made in China» mentre le importazioni di chip e circuiti elettronici cinesi sono già aumentate del 40%. Sul piano finanziario, invece, lo yuan è ormai la valuta più scambiata sulla piazza di Mosca. Ma se la Cina è indispensabile per la Russia, Mosca non lo è per Pechino. Il Dragone acquista da Mosca solo il 17,3 per cento del proprio petrolio e il 10 per cento del proprio gas. Ed infatti la Russia resta il decimo partner commerciale di Pechino superata non solo da Usa e Ue, ma anche da paesi delle come Giappone, Vietnam, Malesia e Sud Corea. Ma proprio questo ruolo di assoluto monopolista sul fronte dell'import e dell'export può consentire a Xi Jinping di ridurre a più miti consigli l'«amico del cuore» spingendolo ad un negoziato con Kiev. Questa seconda opzione è sicuramente la più gradita ad un presidente cinese che - come dimostra la recente mediazione tra due nemici del rango di Arabia Saudita e Iran - punta a trasformare la Cina in una protagonista della diplomazia internazionale. Un ruolo indispensabile per migliorare un'immagine internazionale offuscata dal Covid, per rilanciare gli ormai zoppicanti progetti della Via della Seta e per contrapporre alle politiche di Washington un proprio progetto di ordine mondiale. Un ruolo considerato indispensabile anche per cancellare le conseguenze di un'operazione speciale che oltre a tagliar fuori la Cina da un'Europa tornata nell'alveo atlantista ha evidenziato le carenze e limiti dell'apparato militare russo. Conseguenze imperdonabili per un Xi Jinping pronto a rimproverare all'«amico» Putin due gravi responsabilità. La prima è quella d'aver innescato una logorante guerra d'attrito che ha dimostrato la superiorità dell'apparato bellico occidentale. La seconda è quella di aver cancellato la capacità di deterrenza basata sul presupposto di un alleanza strategico russo-cinese.

Un alleanza che non facendo più paura all'Occidente lo spinge a non escludere, in caso d'invasione di Taiwan, una risposta analoga a quella con cui ha reagito all'operazione speciale di Putin. Proprio per questo l'interruzione del conflitto ucraino è - dal punto di vista cinese - non solo urgente, ma indispensabile.

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