E Zaki tiene il punto: né di qua né di là. Show per il libro in un teatro mezzo vuoto

L'idolo della sinistra continua ad accusare Netanyahu. E centellina i "grazie" all'Italia

E Zaki tiene il punto: né di qua né di là. Show per il libro in un teatro mezzo vuoto
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L'Italia l'ha salvato, ma lui centellina i ringraziamenti. E non risparmia bordate a quell'avamposto dell'Occidente che è Israele. Patrick Zaki arriva a Milano, al Franco Parenti, per presentare il suo libro «Sogni e illusioni di libertà», e non si smentisce: tiene una posizione mediana. Né di qua né di là. Giocando temerariamente con la storia e con paragoni vertiginosi, si potrebbe dire: né con lo Stato né con le Br. Lui naturalmente detesta Hamas ma spara a palle incatenate sul governo israeliano e sul premier Netanyahu, definito con un colpo di rasoio «serial killer». Alzo Cazzullo sul Corriere della sera gli chiede di quell'affermazione così dura, a maggior ragione in questi giorni drammatici, e lui non arretra: «Ho pensato a tutti i civili, a tutte le persone fra cui donne e bambini che sono state uccise a Gaza negli ultimi anni, alla mia cara amica Shireen Abu Akleh, la giornalista che è stata uccisa l'anno scorso mentre lavorava in Cisgiordania».

Una catena di morti che secondo lui giustificano quel giudizio pesantissimo sul capo dell'esecutivo di Israele. Anche sul versante tricolore, il pregiudizio prevale sul lieto fine della sua tormentata vicenda. Zaki non ha accettato il volo di Stato che l'avrebbe riportato in patria e difende la sua scelta: «Sono un attivista e voglio essere libero di criticare qualsiasi governo». Insomma, viene festeggiato ma risponde in modo scontroso. Con frasi a tratti ideologiche che non suscitano in chi le ascolta empatia ma disagio e inquietudine. Perché il nostro Paese e la Meloni hanno fato tutto quello che potevano per tirarlo fuori dalle prigioni egiziane e lui nel suo racconto pubblicato dalla Nave di Teseo non cita la Meloni nemmeno una volta. E se le cava con una frase di circostanza, francamente sotto il minimo sindacale: «Sono grato all'Italia per quanto ha fatto per me».

Poi c'è il Patrick Zaki cristiano copto, detenuto nelle terribili carceri del suo Paese, e lui ha tutta la nostra solidarietà: «Mi hanno messo un adesivo sulla pancia, non capivo perché. Poi quando mi hanno applicato gli elettrodi, ho realizzato che serviva a nascondere i segni delle scariche elettriche». E ancora: «Ho patito tanti dolori. Il dolore della cella, senza porta e senza bagno, il dolore degli interrogatori, il dolore delle udienze che si tenevano ogni 45 giorni».

C'è la tragedia ma c'è anche la polemica politica nella serata, condotta dal direttore di Repubblica Maurizio Molinari e animata dalla presidente di Amnesty International Italia Alba Bonetti. Si poteva pensare ad un uditorio strabordante e invece no: ci sono molte sedie vuote, taccuini e telecamere, ma il grande pubblico non c'è.

Zaki è un personaggio troppo divisivo, in un'epoca segnata

da lacerazioni, guerre e lutti, come quello di Giulio Regeni. Troppa sofferenza, ci vorrebbe un surplus di umanità non di polemica. Anche i big della comunicazione come Fabio Fazio lo inviteranno. Ma per ora temporeggiano.

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