Carestia a livello mondiale e una nuova emergenza migratoria. Sono le conseguenze dell'invasione russa in Ucraina che, a breve, potrebbero colpire molti Paesi del pianeta, e soprattutto l'Europa. Ci sono oltre 25 milioni di tonnellate di cereali, tra grano, mais e altri beni, attualmente bloccati nei porti del mar Nero. Un carico fondamentale per moltissime economie, ma impossibilitato a lasciare il Paese martoriato. Proprio per questo l'Unione europea studia una strategia per sbloccare la situazione, mentre il premier Mario Draghi in visita negli Stati Uniti invita a trovare una via per la pace spiegando che proprio «lo sblocco del grano dai porti ucraini può essere una prova di dialogo».
Proprio per favorire al più presto la ripresa degli scambi internazionali l'Ue oggi presenta un piano di azione con l'obiettivo di aprire «corridoi di solidarietà» che favoriscano le esportazioni dal Paese sotto attacco, che sono composte principalmente da derrate alimentari con in testa proprio grano e cereali. L'intenzione è aggirare il blocco dei porti sul Mar Nero, ovvero il principale canale dell'export ucraino, in modo da facilitare il commercio bilaterale fra Kiev e Ue così come l'accesso dell'Ucraina ai mercati internazionali e alle catene di approvvigionamento globali. L'attenzione è rivolta soprattutto al grano del quale Kiev è il maggior esportatore mondiale insieme con la Russia. Il piano europeo mira a salvare almeno un terzo dell'export di cereali, che comprendono anche orzo e mais, facendo in modo che le merci bloccate in mare possano essere trasportate via terra. In tutta l'Unione europea prima dell'esplosione della guerra erano arrivate da Kiev durante l'anno oltre 700mila tonnellate di grano tenero, pari al 4% delle importazioni totali, e 65mila tonnellate di grano duro, che rappresentano poco più dell'1%. Ma anche quasi nove milioni di tonnellate di mais (il 25% del totale importato) e circa due milioni di tonnellate di olio di girasole (il 45 per cento del totale importato), così come reso noto dall'elaborazione di Coldiretti su dati del Centro studi Divulga.
Il conflitto ha bloccato questi scambi e così adesso nei porti del Mar Nero giacciono montagne di prodotti fondamentali per la produzione di pasta, pane, farine, biscotti e altri beni di prima necessità.
Proprio per questo l'Onu ha lanciato l'allarme, spiegando che il rischio di una carestia globale è sempre più concreto. Associato all'esplosione di una nuova emergenza umanitaria e migratoria. «Se arrivasse una crisi alimentare la situazione dei profughi diventerebbe ingestibile», ammonisce Draghi da Washington.
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