Il paese di Travacò Siccomario si appresta ad accogliere il piccolo Eitan mentre la zia Aya Biran, dopo due mesi trascorsi in Israele per seguire il processo insieme al marito e alle figlie piccole, prepara le valigie.
Una famiglia esulta, l'altra piange per il bambino conteso, rimasto orfano il 23 maggio scorso dopo il crollo della funivia del Mottarone, che gli ha portato via i genitori, il fratellino e i bisnonni. Domani gli alunni dell'istituto delle Canossiane riabbracceranno il compagno e in molti lo aspetteranno sotto casa degli zii. Il volo di Eitan e Aya partirà da Tel Aviv e i biglietti già sono stati fatti, in realtà più di uno. Gli zii, infatti, decideranno all'ultimo quale utilizzare, per schivare i curiosi e proteggere la privacy del nipote.
Lunedì la Corte Suprema israeliana aveva respinto il ricorso dei nonni materni, Shmuel Peleg e Esther, ordinando con sentenza inoppugnabile, che il piccolo rientrasse entro il 13 dicembre nel nostro Paese, dove ha vissuto la maggior parte della sua vita. Continuerà quindi la sua esistenza a Pavia, nella casa dove abita con la zia Aya, tutrice legale, zio Or Nirko e due cuginette. Questo significa che l'Italia è anche la sede giuridica dove si dovranno svolgere tutti i procedimenti legali al futuro di Eitan, secondo i criteri stabiliti dalla Convenzione dell'Aja sulla sottrazione dei minori.
Questa mattina, però, un altro strappo per lui, che dovrà separarsi dal ramo della famiglia materna. «Nel momento in cui tornerà in Italia, non sappiamo quando lo rivedremo - si dispera nonna Esther -. Le sue bisnonne che hanno più di 80 anni, forse non lo incontreranno mai più». Sul nonno Peleg, 63 anni, ex tenente colonnello dell'esercito israeliano, pende un mandato d'arresto internazionale per le accuse di sequestro di persona, sottrazione e trattenimento di minore all'estero e appropriazione indebita del passaporto del bambino. L'11 settembre scorso, insieme al complice Gabriel Alon Abutbul, arrestato la scorsa settimana a Cipro, aveva preso di nascosto Eitan dalla casa della zia e, giunto a Lugano, con un jet privato l'aveva portato in Israele.
Allo stato dei fatti sembra difficile, quindi, che la famiglia paterna e quella materna depongano le armi, come auspicano tutti, lasciando da parte i risentimenti e pensando principalmente al bene del bimbo. Ci sono ancora troppi campi su cui scontrarsi. Aya qualche settimana fa ha avviato le pratiche per l'adozione di Eitan. Il nonno, invece, è indagato in due procedimenti penali separati, in Italia e in Israele, ma è improbabile che le autorità israeliane acconsentano all'estradizione chiesta dal nostro Paese. I Peleg hanno fatto sapere che lotteranno «con ogni mezzo legale» perché il nipote torni in Israele. Il 9 dicembre inizierà a Milano, davanti al Tribunale minorile, il dibattimento sul ricorso presentato da Shmuel Peleg contro la nomina di Aya come tutrice del bambino.
Anche la zia materna Gali, che aveva presentato ad agosto la domanda di adozione in Israele, sposterà la pratica in Italia. Tra uno scontro legale e l'altro, si spera che i familiari si adoperino presto per far riprendere a Eitan quel percorso di riabilitazione fisica e psicologica necessario ad allontanarlo dall'incubo che ha vissuto.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.