Il caso Erba è un caso di scuola. Lo era già prima del fatto clamoroso di ieri. Cioè la riapertura del processo a Rosa Bazzi e Olindo Romano, condannati in via definitiva all'ergastolo per la strage dell'11 dicembre 2006 nella palazzina di via Diaz. Ora la corte d'Appello di Brescia dice sì alla revisione, accogliendo tre istanze (poi riunite): degli storici difensori dei coniugi, gli avvocati Fabio Schembri, Nico D'Ascola, Patrizia Morello e Luisa Bordeaux; del tutore di Rosa e Olindo; del sostituto pg di Milano Cuno Tarfusser. Con spranga e coltello vennero uccisi Raffaella Castagna, il figlio Youssef di soli 2 anni, la nonna del piccolo Paola Galli e una vicina di casa, Valeria Cherubini. Il marito di questa, Mario Frigerio, venne sgozzato ma si salvò grazie a una malformazione alla gola.
Le revisioni di processi sono rarissime. Così il caso da manuale - con la condanna in Cassazione sulla base di una testimonianza oculare, una confessione degli indagati, una prova del Dna - a 17 anni dai fatti entra nei libri di storia giudiziaria. «È una grande soddisfazione aver riaperto i giochi - dichiara l'avvocato Schembri -. La nostra vera soddisfazione però è se arriverà un proscioglimento, chiesto sulla scorta di nuove prove». E Tarfusser: «Sono contento, è una grandissima soddisfazione professionale che mi ripaga di tutta una serie di ostacoli e angherie degli ultimi tempi. Sono contento perché vuol dire che evidentemente non ho sbagliato. Più leggo gli atti e più ci credo». Mentre Giuseppe e Pietro Castagna, fratelli di Raffaella: «Possono cercare in tutti i modi, ma non troveranno mai un'altra verità. Ogni volta che ci arrivavano notizie di iniziative della difesa o mediatiche provavamo dolore, ora è quasi noia...».
La corte d'Appello di Brescia ha emesso un decreto di citazione convocando in aula le parti per il prossimo primo marzo. È indirizzata agli imputati, che tornano a essere tali, al procuratore generale di Brescia, al pg di Milano e alle parti civili, che dovranno decidere se ricostituirsi. La famiglia Castagna ha anticipato che non lo farà: «Per noi la sentenza c'è già stata».
La procedura di revisione è partita. Il Codice prevede tra l'altro che la corte d'Appello possa disporre la sospensione della pena in corso. Dal punto di vista della procedura ora le parti sono chiamate davanti alla Seconda sezione d'Appello a discutere se prendere in considerazione le nuove prove contenute nelle richieste di revisione. Dopo questo passaggio, in cui il giudice deciderà se e quali prove ammettere, si andrà verso la sentenza. Che potrà essere di proscioglimento o di conferma delle condanne al carcere a vita. La sentenza pronunciata nel giudizio di revisione è appellabile per Cassazione.
È prevedibile che il nuovo procedimento durerà una manciata di udienze. I casi di revisione sono appunto pochissimi e questo dà al giudice ampio margine di manovra. Verranno esaminati solo gli aspetti della vicenda connessi alla revisione, le nuove prove e quelle «vecchie» che siano in qualche modo collegate. Su questi punti potranno essere sentiti nuovi testi e anche disposte nuove perizie. Gli elementi su cui punta la difesa sono rappresentati da consulenze, testimonianze mai prese in considerazione, intercettazioni. Oltre al tentativo di mettere in luce, grazie ai nuovi strumenti d'indagine, le criticità dell'indagine di allora e una pista alternativa che non venne valorizzata.
Le nuove prove minerebbero alla base i tre pilastri delle sentenze già pronunciate.
La testimonianza di Frigerio sarebbe frutto di un falso ricordo; le confessioni, peraltro poi ritrattate, sarebbero state indotte dalle domande degli investigatori; la traccia di sangue di una vittima sul battitacco dell'auto di Olindo sarebbe stata portata lì da un inquirente che era passato per la scena della mattanza.
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