Erdogan si candida a mediatore per mascherare la crisi interna

Il Sultano ha sentito Putin per parlare di Ucraina e Africa. Ma in patria continua la repressione della piazza

Erdogan si candida a mediatore per mascherare la crisi interna
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Mediatore sull'Ucraina, superplayer in Africa, partner dell'Ue alla voce difesa e regista sul Mar Nero. Come da consuetudine, Recep Tayyp Erdogan prova a giocare su più tavoli sia per rovesciare il nodo dei problemi interni allontanando le polemiche, sia per ricordare alla comunità internazionale che la Turchia è soggetto indispensabile, tanto nel quadrante mediorientale, che in quello sub mediterraneo. Prima è andato fisicamente in Africa, dove la Turchia condivide con la brigata Wagner un attivismo oggettivo a quelle latitudini: in Guinea ha parlato con il presidente russo Vladimir Putin di Ucraina e Siria, candidando il suo paese a negoziatore per la pace su Kiev. Si è candidato a nuovo regista del Mar Nero, dove aveva già svolto un ruolo durante la crisi del grano e dove oggi vorrebbe fare da gran ciambelliere per essere determinante nella partita delle sanzioni contro la Russia, che può contare sull'ormai famosa flotta fantasma che trasporta greggio in giro per l'Europa. Un attivismo che resta geopoliticamente connesso ai ragionamenti che già da settimane si fanno sul gasdotto Nord Stream.

Inoltre l'uomo forte del Bosforo dopo la Libia vuole fare un'opa sulla Siria, dove lavora ad una maggiore cooperazione con la Russia, pur avendo sostenuto per anni fazioni contrapposte. Ha promesso a Putin che Ankara e Mosca dovrebbero collaborare «per porre fine agli atti che alimentano la violenza settaria in Siria, revocare le sanzioni e raggiungere una stabilità duratura». Nello specifico, Erdogan ha sottolineato che le risorse della Siria dovrebbero essere lasciate all'amministrazione siriana, riferendosi alle SDF e alle YPG, che hanno sede proprio in quei territori nord-orientali della Siria ricchi di petrolio, lanciando un amo anche al nuovo corso di Damasco.

Sul lato interno, in occasione della fine del Ramadan, Erdogan ha annunciato 9 giorni di vacanza proprio al fine di stemperare le tensioni dopo gli scontri con i manifestanti causati dall'arresto del sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglou. Il suo legale, inizialmente arrestato, è stato rilasciato proprio al fine di disinnescare le proteste e calmare anche la reazione delle altre cancellerie.

Durante la notte la polizia aveva fatto irruzione negli appartamenti di altri soggetti vicini a Imamoglou, tra cui il suo avvocato Mehmet Pehlivan che era stato «arrestato per motivi fittizi», così come apparso sul profilo X di Imamoglou. «Come se il colpo di stato contro la democrazia non bastasse, non possono tollerare che le vittime si difendano. Il male che una manciata di incompetenti sta infliggendo al nostro Paese sta crescendo. Liberate immediatamente il mio avvocato!», ha postato.

Resta in carcere invece il giornalista svedese Joakim Medin, arrestato dopo il suo arrivo in volo per seguire le proteste anti-governative. Su X la ministra degli Esteri svedese, Maria Malmer Stenergard, ha commentato: «Prendiamo sempre sul serio la privazione della libertà dei giornalisti.

Sappiamo che un giornalista svedese è stato privato della libertà in relazione al suo ingresso in Turchia». Oggi intanto l'opposizione scenderà nuovamente in piazza a Istanbul nel quartiere di Maltepe, presidiato da centinaia di poliziotti. I 74 manifestanti arrestati durante le proteste rischiano tre anni di carcere.

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