L'intero stato maggiore della Juventus: Pavel Nedved, Fabio Paratici e persino il presidente Andrea Agnelli. Interrogato dai pubblici ministeri di Perugia, Luis Suarez chiama in causa la dirigenza bianconera per il ruolo svolto nel tentativo di portarlo a giocare a Torino, culminato nel surreale esame di italiano davanti ai docenti dell'Università del capoluogo umbro. Un esame di cui, chiudendo di fatto uno dei pezzi cruciali dell'inchiesta, Suarez conferma di avere ricevuto in anticipo per posta elettronica le domande.
Suarez risponde alle domande degli inquirenti protetto sia dalla distanza (è collegato in teleconferenza dalla Spagna) sia dallo status che la Procura di Perugia gli ha riservato: semplice testimone, non è finito nel registro degli indagati nonostante alcuni tentativi della Juventus, almeno agli esordi dell'indagine, di scaricare su di lui e sul suo staff la responsabilità degli accordi sottobanco con l'ateneo italiano. La linea della Procura è chiara: anche se era il principale beneficiario dell'esame farsa, non c'è traccia che Suarez abbia avuto alcun ruolo nei due reati su cui è incentrata l'accusa, ovvero la falsificazione dei verbali da parte dei docenti e la corruzione dei docenti da parte dei legali di fiducia del club bianconero. Di quello che ha visto accadere intorno a lui, Suarez può dunque parlare serenamente, senza paura di darsi la zappa sui piedi.
Così l'attaccante uruguaiano racconta gli esordi della trattativa: «Verso fine agosto, inizio settembre, ho ricevuto prima una chiamata da Nedved, poi da Paratici. All'inizio era soltanto per sapere se ero interessato alla trattativa, dopo se n'è occupato il mio avvocato». Il giocatore racconta di avere spiegato quasi subito alla Juve di non poter ancora essere tesserato come comunitario: «Paratici mi disse che mi avevano contattato perché pensavano che avessi il passaporto italiano come mia moglie. Gli risposi che non lo avevo, avevo solo iniziato a fare la relativa pratica chiedendo tutti i certificati necessari nei paesi in cui ho vissuto».
Come extracomunitario Suarez non può essere tesserato, così parte la gara contro il tempo per superare l'esame di italiano. «Avevo già contattato il consolato e sapevo che dovevo venire in Italia per sostenere l'esame. Mi è stata indicata solo Perugia come sede di esame». Chiedono i pm: con quali referenti della Juventus ha avuto contatti in questo periodo? «Con Nedved per l'aspetto sportivo, con Paratici e col presidente Agnelli, due o tre giorni dopo l'esame di lingua, che mi ha ringraziato per lo sforzo che avevo fatto per liberarmi dal Barcellona».
Per la Procura di Perugia, il giorno in cui sostenne l'esame di italiano, il giocatore sapeva già per filo e per segno le domande che gli sarebbero state rivolte, come dimostra una mail con allegato un file pdf inviatogli per tempo. Interrogata dai pm, la docente che inviò la mail ha sostenuto che si trattava di una «simulazione», una prova come se ne fa per ogni esame.
Ma nel suo interrogatorio (reso il 18 dicembre e divenuto pubblico solo ieri grazie a uno scoop del sito di Repubblica) il giocatore dell'Atletico Madrid la racconta un po' diversamente: «Ha detto che dovevo studiarlo bene perché quel testo poteva essere chiesto all'esame». L'andamento fu comunque fantozziano, «il bambino porta cucumella». Ma lo promossero.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.