Il Giornale l'aveva anticipato 4 giorni fa, ieri è arrivata la comunicazione ufficiale del Cremlino: il tenente generale Yevgeniy Nikiforov prende il posto del colonnello Sergei Kuzovlev al comando delle truppe russe impegnate nel Donbass. È il quarto cambio della guardia ordinato da Putin nell'area più calda del conflitto, ma le perplessità sulla scelta di Nikiforov sono state sollevate dagli analisti internazionali. Conosciuto come il «macellaio di Tbilisi» per i crimini commessi in Georgia, porta in dote il fallimento dell'invasione di Kiev durante le prime settimane del conflitto. Era stato lo stesso Nikiforov a garantire al ministro della Difesa Shoigu che si sarebbe trattata di un'operazione lampo, di un gioco da ragazzi. Ma l'avanzamento sulla capitale, attraverso l'area di Chernobyl, si era poi tramutato in un fallimento colossale che aveva mandato all'aria l'architettura dell'Operazione Speciale.
L'MI6 britannico ha osservato che il continuo ricambio di alti ufficiali riflette divisioni interne sulle mosse future nella guerra da parte di Shoigu. Putin punta quindi su un nome nuovo, ma al tempo stesso vecchio e discusso, per tentare un sussulto nello scontro. La leadership di Mosca inoltre ha deciso di iniziare una nuova ondata di arruolamenti dal 5 gennaio a causa delle pesanti perdite al fronte. Lo rivela il capo degli 007 ucraini Budanov, ribadendo l'intenzione di Mosca di mobilitare fino a 5 milioni di persone se necessario. L'establishment della Russia manifesta tuttavia sempre più dubbi sulle tattiche che Putin sta utilizzando in Ucraina ed è divisa, come riporta il Washington Post, fra quelli che vogliono una fine delle operazioni e chi preme per un'escalation con il coinvolgimento diretto della Bielorussia.
Da parte sua il presidente ucraino Zelensky chiede il rafforzamento della difesa aerea e una nuova fornitura di armi nei punti nevralgici del conflitto. Si spera soprattutto nell'arrivo dei missili balistici Atacms, che hanno una gittata fino a 300 km, e di moderni droni. Il ministro degli Esteri Kuleba resta alla finestra e manifesta un cauto ottimismo: «È vero che riceviamo più supporto di quanto ne abbia ricevuto qualsiasi Paese nel XXI secolo, ma siamo in guerra, e le armi non bastano mai».
Sul campo la battaglia continua e nel 309º giorno di combattimenti i russi hanno sferrato un centinaio di raid aerei con missili e colpi di artiglieria sulla regione di Kherson. Il solo capoluogo è stato colpito per 32 volte. I razzi nemici hanno devastato negozi, infrastrutture, industrie e appartamenti privati. Nella città di Semenivka (Chernihiv) gli invasori hanno bombardato con cannoni d'artiglieria. Ci sarebbero vittime civili, mentre l'elettricità è stata interrotta. Tre missili da crociera Kalibr sono stati lanciati da una nave russa verso il territorio di Odessa, mentre alcuni ordigni sono esplosi nell'area del canale d'acqua che collega la vicina centrale termica di Zaporozhye con il fiume Dnepr, a circa 2 km di distanza dal sito nucleare di Zaporizhzhia.
In risposta le forze armate di Kiev hanno abbattuto nella notte 16 droni kamikaze Shahed iraniani diretti sulla capitale, colpito la sede di un'impresa industriale nella città di Shebekin, nella regione russa di Belgorod, e attaccato sei aree di attrezzature militari, cinque depositi di munizioni e una stazione radar. Diversi di questi attacchi sono stati concentrati su Sebastopoli, come si vede dai video che circolano sui social.
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