Esibizionisti e violenti: chi sono i minori che stuprano e sparano in cerca di follower

Sono 13.800 i giovani in carico alla giustizia. Due i nemici da combattere per recuperarli: la spettacolarizzazione dei reati sui "social" e la dispersione scolastica, mai così alta

Esibizionisti e violenti: chi sono i minori che stuprano e sparano in cerca di follower
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Lo stupro di gruppo di Caivano è solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il limite è stato ampiamente superato in una miriade di altre occasioni: il clochard picchiato a morte a Pomigliano d'Arco, il bambino ucciso per una stupida sfida in Lamborghini a Casal Palocco, le rapine in pieno giorno, le armi usate come fossero giocattoli, lo spaccio.

La microcriminalità giovanile ha raggiunto picchi inaccettabili: nel 2022 i reati di gruppo sono aumentati del 14%, i minorenni e giovani adulti in carico alla giustizia minorile sono arrivati a quota 13.800, di cui circa 4mila tra i 14 e i 15 anni. In parte sono finiti negli Ipm, tipo quello raccontato dalla serie tv Mare Fuori, in parte in comunità di recupero o risultano in «messa in prova» a casa. Gli Ussm (uffici di servizi sociali per minorenni) con maggior carico di lavoro sono a Bari, Brescia e Roma, con circa mille casi l'uno, segue Napoli, poco sotto.

Ma al di là dei numeri, è l'impennata di violenza (spesso gratuita) a spaventare. Le baby gang non sono più solo quelle che rubano le Jordan al compagno di classe o che bullizzano le compagne. Ora è un attimo che sfoderino pistole e coltelli, che prendano a calci un poveretto fino ad ammazzarlo, che abusino sessualmente a turno di una compagna senza che nessuno si ponga lo scrupolo e fermi gli altri. Il pentimento? Si, forse davanti al gip, sotto suggerimento dell'avvocato. Ma mai nelle chat con gli amici - come nel caso degli stupratori di Caivano - dove l'atto di violenza è sempre e comunque motivo di vanto.

Il decreto in Consiglio dei ministri nasce una convinzione: le misure adottate finora non bastano più, né come deterrente, né come punizione, né come rieducazione. Si abbassa l'età della «gioventù bruciata», aumenta il numero delle femmine che partecipano alle baby gang. E che magari filmano il crimine-live.

Perché è questo il vero nemico da combattere: la spettacolarizzazione della violenza. Se ne rende ben conto Ernesto Savona, direttore di Transcrime, il centro di ricerca sulla criminalità dell'università Cattolica: «Non possiamo sottovalutare l'importanza che i microcriminali danno a social e telefoni. Ormai il reato è indissolubilmente legato alla sua esibizione. Lo scopo è farsi vedere, rivedersi, collezionare followers: così nella corsa folle a bordo delle auto per le sfide di TikTok, o negli stupri. La spettacolarizzazione della violenza va oltre la paura della punizione. E se non capiamo questo, non argineremo le baby gang». Quindi la scelta di requisire profili e cellulari ai condannati potrebbe essere un deterrente giusto.

«Le baby gang - spiega l'associazione italiana Criminologi - ruotano intorno al meccanismo della deresponsabilizzazione e dell'effetto branco perché nel gruppo è come se ci fosse una divisione della responsabilità, la condivisione di ciò che viene fatto aumenta anche la portata e la potenziale gravità delle azioni commesse. Ci si sente meno colpevoli e ciò che viene fatto in gruppo con elevata probabilità non si farebbe mai da soli». Per questo, oltre che sulla punizione, è necessario agire anche sulla prevenzione. «Cominciamo a farlo a scuola, limitando i numeri della dispersione e preparando i prof che in certi istituti non sono in grado di gestire i ragazzi maleducati e violenti» chiede Savona.

I numeri dei ragazzi che ciondolano per strada anziché andare a scuola è imbarazzante: in base ai dati del ministero dell'Istruzione, molla gli studi un ragazzo su 5 e tra i giovanissimi il ministero dell'Istruzione calcola che uno studente delle medie ogni tre classi non si iscrive alle superiori e passa anni a non lavorare, andando poi a incrementare le fila dei cosiddetti neet, i 19enni che non fanno sulla dal mattino alla sera: sono uno su 4 (poco meno del 25%) una quantità più alta rispetto alla media europea e che deve far riflettere.

Avere un progetto, un percorso e, se non altro, una giornata impegnata, potrebbe levare molti ragazzini dai «brutti giri», soprattutto al Sud dove i numeri delle baby gang e dei giovani che non studiano sono più elevati.

Un tassello importante della prevenzione della microcriminalità arriverà quindi anche dagli interventi sulla scuola, già strutturati dal ministro

Giuseppe Valditara: niente cellulari in aula, niente sospensione per i bulli ma ore socialmente per ripagare i danni, un'offerta scolastica più adatta. Una responsabilizzazione per farli diventare (e non solo sentire) grandi.

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