Esplosi i cercapersone di Hezbollah. "Morti e feriti, dietro c'è Israele"

Tra le 11 vittime una bimba di 10 anni, 4mila i colpiti: c'è l'ambasciatore iraniano. Scoppi in simultanea, i dispositivi parte di una nuova fornitura

Esplosi i cercapersone di Hezbollah. "Morti e feriti, dietro c'è Israele"
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Israele mette a segno un blitz spettacolare e rivoluzionario. Nel primo pomeriggio di ieri sono esplose a Beirut, nel sud del Libano e in Siria, migliaia di cercapersone di miliziani di Hezbollah. Le deflagrazioni sono avvenute nello stesso istante, con un effetto shock. Sono almeno 11 i morti e 4mila i feriti, 400 in modo critico. Le esplosioni sarebbero state causate da un attacco hacker che ha innescato micro-bombe dentro i «pager» dei combattenti di Dio. Il rischio escalation è ora alto. Nei video e nelle foto sui social media si vedono uomini sanguinanti seduti o sdraiati sui pavimenti e altri portati d'urgenza in ospedale. Anche l'ambasciatore iraniano Mojtaba Amani è stato colpito. Tra le vittime una bambina di 10 anni, il figlio di un deputato libanese del Partito di Dio, Ali Ammar, e tre esponenti della milizia sciita. Riprese mostrano esplosioni pure nei negozi e in un mercato. Un funzionario di Hezbollah ha sottolineato: «È la più grande violazione della sicurezza finora» in quasi un anno di guerra con Israele. A febbraio Hassan Nasrallah aveva chiesto ai miliziani di sbarazzarsi dei telefonini. Lo Stato ebraico sarebbe riuscito quindi a violare i sistemi di comunicazione dell'organizzazione sciita. Dura la condanna di Hezbollah: «Israele è totalmente responsabile, ci sarà una giusta punizione».

Le esplosioni si sono registrate in diverse zone del Libano, in particolare a Dahieh, roccaforte di Hezbollah, nella zona meridionale di Beirut, nella valle della Bekaa, retrovia del movimento armato e nel sud del Libano. Gli eventi giungono poche ore dopo che il gabinetto di sicurezza israeliano ha reso il ritorno in sicurezza dei residenti nel Nord del Paese un obiettivo ufficiale della guerra a Gaza. Israele ha ripetutamente avvertito che potrebbe lanciare un'operazione militare per allontanare Hezbollah dal confine.

Va avanti intanto la battaglia per ora a bassa intensità sulla frontiera con il Paese dei Cedri. Ancora ieri il Partito di Dio ha rivendicato una serie di attacchi contro le postazioni israeliane. Ma anche secondo il governo libanese, Tel Aviv ha colpito diversi obiettivi nel Sud. Lo Stato ebraico ha fatto pure sapere di aver sventato un attacco di Hezbollah a un suo ex alto funzionario. Lo Shin Bet ha tuonato: «Trovata la bomba, doveva essere attivata dal Libano». L'ordigno di tipo Claymore, notoriamente utilizzato dal Partito di Dio, è dotato di un sistema di detonazione a distanza. Il fronte Nord è ormai incandescente ma proseguono comunque gli sforzi della diplomazia internazionale. Antony Blinken è da ieri in Egitto dove rimarrà fino al 19 settembre. Il segretario di Stato Usa è lì per discutere di «un cessate il fuoco a Gaza che garantisca il rilascio degli ostaggi, allevi la sofferenza del popolo palestinese e aiuti a stabilire una più ampia sicurezza regionale». Risultato che sembra sempre più difficile prima della scadenza dell'amministrazione Biden. Nel suo tour Blinken questa volta non farà tappa in Israele. Che continua a dare la caccia ai capi dei militanti palestinesi. Un raid aereo di Tel Aviv ha ucciso Ahmed Aish Salame al Hashash il comandante dell'unità missilistica della Jihad islamica nel sud di Gaza. Ma non finisce qui.

L'agenzia di stampa palestinese Wafa e l'emittente araba Al Jazeera fanno sapere che 5 persone sono morte e diverse altre sono rimaste ferite dai bombardamenti dello Stato ebraico che hanno colpito una casa a Gaza e un accampamento di sfollati a Deir el-Balah. È intervenuto anche il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres: «Niente giustifica la punizione collettiva».

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