Se volete un mandante, o un colpevole, per i 6mila migranti sbarcati tra martedì notte e mercoledì bussate alle porte di Bruxelles. O a quelle del Pd. Nonostante siano trascorsi due mesi dalla firma del Memorandum che prevede l'erogazione «immediata» alla Tunisia di 150 milioni di euro destinati a ridar fiato alle disastrate finanze del Paese nordafricano e di 105 milioni indispensabili per bloccare le sue frontiere, Tunisi non ha ancora visto un soldo. Il tutto per l'entusiasmo degli eurodeputati «dem» che a Bruxelles fanno a gara nel definire una violazione dei diritti umani il tentativo di arginare le partenze da Sfax e dintorni. La mobilitazione non è casuale. Senza quei fondi, spiegano a «Il Giornale» fonti di Palazzo Chigi, Tunisi «non è in condizione di pagare gli stipendi della Guardia Nazionale e delle altre forze di sicurezza chiamate a far rispettare gli accordi stipulati con l'Italia».
La latitanza di Bruxelles e l'attivismo delle sinistre è resa più sospetta dall'aggressività di Parigi, che annuncia nuovi blocchi terresti a Mentone, e dalla duplicità della Germania pronta a rimangiarsi, invece, gli accordi sulla redistribuzione. Accordi peraltro mai rispettati visto che a 11 mesi dalle intese s'è presa 1.022 migranti a fronte degli oltre 120mila sbarcati in Italia. Il tutto mentre Bruxelles, sempre pronta a bacchettare l'Italia per qualsiasi veniale mancanza sul fronte dell'accoglienza, chiude gli occhi sulle condotte di Grecia e Spagna imperterrite nel respingere i migranti provenienti da Turchia e Marocco. Grazie alla ferrea legge dei vasi comunicanti quell'indifferenza contribuisce a spingere sempre più disgraziati sull'unica rotta sguarnita ovvero quella da Tunisi a Lampedusa. E qui torniamo magicamente al punto di partenza. Ovvero alle finalità di quanti dentro alla Commissione o all'Europarlamento puntano, nonostante la firma di Ursula von der Leyen in calce al Memorandum, a sabotare le intese con la Tunisia e a mettere alle corde Giorgia Meloni. Le giustificazioni ovviamente non mancano. Le fonti della Commissione non esitano a riversare ogni colpa sui tunisini colpevoli, nonostante la fame di soldi, di non rispedire a Bruxelles i formulari indispensabili all'erogazione dei fondi. Come dire che la burocrazia viene prima di quella «difesa delle frontiere esterne» enunciata dagli ultimi Consigli Europei e per la quale il budget pluriennale Ue 2021-2027 ha stanziato 43,9 miliardi. Insomma una scusa che diventa barzelletta se attribuita a un'Unione decisa ad imporsi come potenza internazionale. In verità dietro lo schermo di quella barzelletta lavorano i picconatori del Memorandum di Tunisi. Individuarli non è difficile. Martedì il capodelegazione del Pd all'Europarlamento, Brando Benifei, liquidava il memorandum come «l'ennesimo tentativo inutile di esternalizzare il controllo delle frontiere europee con grandi rischi per i diritti umani». E a dargli manforte correva Pietro Bartolo, l'ex-medico di Lampedusa eletto nelle file Pd deciso nel mettere all'indice un'Unione Europea «complice della caccia ai negri aperta da Saied». Due interventi poco in linea con il compassato sdegno del Commissario europeo Paolo Gentiloni che, su altri temi, giura di privilegiare sempre la casacca dell'Italia e dell'Europa a quella del suo partito. «Fin dal primo giorno il Pd e la sinistra europea hanno lavorato per affossare l'accordo Ue-Tunisia - accusa Carlo Fidanza capo-delegazione di Fratelli d'Italia al Parlamento Europeo - gli esponenti della sinistra sono intervenuti più volte intimando alla Von der Leyen di non dare corso all'accordo. È di tutta evidenza che, in una situazione non semplice sul piano tecnico per il reperimento dei soldi da destinare al governo tunisino, sabotare politicamente chi quell'accordo e chi lo ha firmato significa allungare i tempi e renderlo inefficace.
La sinistra anti-italiana spara a zero contro l'accordo con la Tunisia, ma tace di fronte al comportamento riprovevole dei governi di Macron e Scholz».Insomma affossare la Tunisia per far cadere la Meloni. Un obbiettivo che accende non solo i cuori «dem» ma anche quelli di più di un «partner» europeo.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.