Europa in ordine sparso. Contro il caro-energia ogni Paese farà da sé

L'Ecofin non trova la quadra sulle misure anticrisi nonostante il pressing della Francia

Europa in ordine sparso. Contro il caro-energia ogni Paese farà da sé

Nel novembre scorso, l'Ecofin aveva espresso «largo consenso» sulla necessità di monitorare i prezzi dell'energia. Quasi cinque mesi dopo, nulla è cambiato. Del resto, monitorare non costa niente. È gratis e, soprattutto, non urta sensibilità differenti e rimanda il confronto. Nonostante il conflitto in Ucraina abbia fatto esplodere il prezzo dei carburanti e reso roventi le bollette di luce e gas, siamo quindi ancora al chiacchiericcio inconcludente. «Parole, parole, parole», come direbbe Mina; «bla bla bla», per dirla con Greta.

L'Unione europea è da sempre un pachiderma con la reattività di un bradipo, cioè l'esatto contrario di ciò che servirebbe ora. I mesi di trattative snervanti sul Next Generation Ue all'acme della pandemia da Covid, nonché l'opposizione recente al lancio di eurobond per coprire i rincari e le spese per la difesa, lasciano presumere tempi lunghi per il varo di misure capaci di mitigare il salasso energetico. Come ha detto ieri Bruno Le Maire, per l'Ecofin, è necessario assicurare «sostegno mirato alle imprese colpite dagli alti prezzi del gas ed esposte al mercato russo». Il ministro francese delle Finanze va sul concreto: parla della possibilità di prestiti garantiti dallo Stato, di aiuti diretti alle imprese energivore, di prestiti a tasso ridotto per le esigenze di capitale. Tutto molto bello, se la lista dei desiderata non andasse a toccare un tema urticante come quello degli aiuti di Stato. Visto che in materia fiscale le decisioni a livello comunitario impongono l'unanimità, Le Maire dà l'impressione di essere come quelli che si muovono convinti di aver le spalle coperte, per poi scoprire che dietro non hanno nessuno, o quasi.

Più probabile, dunque, che i singoli Paesi continueranno a muoversi in modo autonomo per mitigare la morsa del caro-energia. Come hanno già fatto Parigi col taglio di 15 centesimi al litro del prezzo dei carburanti fino al 30 giugno (costo: due miliardi), mentre la Germania pensa di ritoccare al ribasso di 20 cent benzina e gasolio. In Italia, il governo Draghi potrebbe annunciare domani una riduzione di 15 centesimi su verde e diesel grazie all'utilizzo del gettito extra Iva derivante dai rincari alle pompe delle ultime settimane. L'alternativa, al momento, è rappresentata dai 200 miliardi ancora disponibili, in quanto non richiesti dagli Stati, nell'ambito del Recovery Fund da 800 miliardi. Si tratta tuttavia di denaro non a fondo perduto, ma di un prestito che andrebbe restituito sottoponendosi ai vincoli previsti dal piano per il rilancio economico dei Paesi europei.

D'altra parte, la plastica rappresentazione dello scollamento all'interno della famiglia europea è arrivato con la bocciatura incassata ieri dalla minimum tax globale. Malgrado l'accordo al ribasso raggiunto in sede Ocse, G7 e G20, con cui si è stabilita un'aliquota del 15% sulle multinazionali con un giro d'affari superiore ai 750 milioni di euro, l'opposizione di Polonia, Ungheria, Malta ed Estonia ha fatto slittare l'ok alla tassa minima. Il no è motivato da interessi meramente economici: i quattro ribelli pretendono che l'introduzione della tassa sia sincronizzata con la redistribuzione dei profitti anche nei Paesi dove le big corporation, specie quelle del settore digitale, hanno clienti pur non avendo una sede.

A questo punto, se ne riparlerà nella prossima riunione Ecofin di aprile. «Possiamo ancora permetterci tre settimane per sgombrare il campo dai dubbi degli Stati membri», ha detto Le Maire. Comme d'habitude, l'ennesimo calcio al barattolo.

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