C'è un particolare che nelle cronache della due giorni di Giorgia Meloni a Zagabria è finito in secondo piano. Nella cena di giovedì sera organizzata dal presidente della Commissione Ue, Charles Michel, era infatti presente - tra gli altri - il primo ministro della Polonia, Mateusz Morawiecki, uno dei leader del Pis, il partito fondato da Jaroslaw Kaczynski che è tra i padri di Ecr, la formazione dei Conservatori e riformisti europei di cui la premier italiana è presidente dal 2020. Un partito in cui militano anche gli spagnoli di Vox e che ambisce a ritagliarsi uno spazio d'influenza importante dopo le elezioni Europee del prossimo 9 giugno. Un appuntamento che potrebbe modificare gli equilibri politici ai vertici delle istituzioni europee - anche se l'ipotesi di una nuova «maggioranza Ursula» con Ppe e S&D resta l'ipotesi assolutamente più probabile - e che in Italia avrà inevitabilmente il sapore di un voto di mid term, il primo vero giudizio popolare - e con il sistema proporzionale - sull'operato del governo in carica. Dopo aver visto giovedì sera a Zagabria Morawiecki (che per quanto sia un premier in uscita, resta comunque uno dei leader di riferimento del Pis, primo partito di una Polonia che è il quinto Paese Ue in quanto a numero di abitanti ed esprime dunque un discreto numero di parlamentari europei), venerdì Meloni ha invece incontrato a Roma Santiago Abascal, leader di Vox. Un faccia a faccia serale avvenuto a pochissime ore dal rientro in Italia della premier dalla trasferta in Croazia. E che, non certo casualmente, non si è tenuto a Palazzo Chigi, ma nella sede di Fdi in via della Scrofa. Circostanza, questa, confermata dalla foto con Abascal postata sui social dalla premier italiana, che - coincidenze - ha sullo sfondo lo stesso quadro dell'istantanea con Silvio Berlusconi pubblicata il 17 ottobre del 2022 al termine del vertice tra la presidente del Consiglio in pectore e il leader di Forza Italia.
Un faccia a faccia, quello con il presidente di Vox, per mettere a punto la strategia di Ecr in vista della campagna elettorale europea. E che Meloni non ha voluto tenere a Palazzo Chigi proprio in quanto appuntamento politico e non istituzionale. Un gesto di cortesia anche verso Pedro Sanchez, il premier spagnolo che ormai da giorni è accusato non solo da Vox ma anche dal Pp di Alberto Núñez Feijóo di «mettere a rischio» lo Stato di diritto dopo l'accordo con gli indipendentisti catalani che ha portato a forti (e spesso violente) proteste di piazza.
Sia con Morawiecki che con Abascal, Meloni ha ragionato sulla necessità di spingere al massimo sull'acceleratore in vista delle Europee, con l'obiettivo di avere un risultato numericamente più corposo di Identità e democrazia (il gruppo dove a Bruxelles la Lega milita insieme al Rassemblement national di Marine Le Pen e all'ultra destra di Alternative für Deutschland). Ragione per cui la premier ha confermato ai suoi interlocutori che non esclude di candidarsi capolista in tutte le circoscrizioni (ma la decisione finale arriverà dopo Atreju, in programma tra il 14 e il 17 dicembre) e ha sottolineato la necessità di reclutare nuovi partiti alla causa di Ecr (a partire dalla destra romena di Aur, che ha fatto il suo debutto politico nel 2020 e che oggi in Romania è quotata al 20%, passando per le tante galassie indipendentiste).
Non è un caso che i Conservatori e riformisti stiano organizzando eventi europei anche in Paesi dove non ci sono partiti che aderiscono a Ecr.
Come l'Irlanda, dove due settimane fa si è tenuto un evento sull'agricoltura a Kilkenny (presente il ministro Luca Ciriani, in collegamento Francesco Lollobrigida). O Berlino, dove è in programma nei prossimi mesi un nuovo appuntamento. Ma si lavora anche a eventi a Cipro, Bruxelles (o Strasburgo) e Trapani.
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