Il fallimento di Kiev nel Kursk e gli errori del comando Nord Le truppe ucraine in difficoltà

Nonostante i piani di Zelensky, in sette mesi i russi hanno messo alla porta i soldati nemici

Il fallimento di Kiev nel Kursk e gli errori del comando Nord Le truppe ucraine in difficoltà
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La conquista del Kursk doveva rappresentare per Kiev una sorta di fiore all'occhiello da esibire nel corso di futuri tavoli negoziali. In sette mesi i russi sono riusciti, a fronte comunque di pesanti perdite, a mettere alla porta le truppe del maggiore ucraino Dmitry Krasilnikov, silurato nei giorni scorsi dopo il clamoroso flop.

La situazione di campo sorride sempre più a Mosca e in caso di un congelamento del conflitto, ipotesi che sta prendendo piede nelle ultime ore, Putin si troverebbe nella condizione di poter dettare regole e avanzare richieste, al netto delle rivendicazioni sui territori filorussi (Crimea, Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia) che lo zar del Cremlino ritiene regioni della Federazione.

È inutile girarci attorno, l'Ucraina sta perdendo la guerra su tutti i fronti. Quanto accaduto nel Kursk ha forse distratto l'opinione pubblica, ma non gli analisti, sui reiterati fallimenti che giorno dopo giorno stanno consentendo a Mosca di consolidare le proprie posizioni di campo.

Si parte proprio dalla ferita più recente, quella della regione russa di confine. Dei battaglioni che lo scorso 6 agosto entrarono trionfanti rimane ben poco. Kiev è riuscita fino a ottobre a espandersi per 1.376 kmq, poi il meccanismo si è inceppato. Probabile che il sostegno delle truppe di Pyongyang abbia favorito la controffensiva nemica, ma è altrettanto acclarato che gli errori del maggiore Krasilnikov sono stati macroscopici. Tanto per cominciare non si è coperto le spalle, facilitando la conquista russa di diverse aree di confine nella regione di Sumy e mettendo quindi a repentaglio le linee di rifornimento utilizzate dai suoi reparti.

Il blitz attraverso un ramo del gasdotto in disuso Urengoy-Pomary-Uzhgorod, per penetrare nelle retrovie nemiche e colpire di sorpresa, è stato il colpo del ko, con gli ucraini che avevano tra l'altro terminato la fornitura di Atacms. Oggi Mosca riferisce di aver liberato un totale di oltre 1.100 kmq di territorio, la resistenza di Kiev è limitata, e anche Sudzha (quasi sul confine) è tornata nelle mani di Mosca. L'offensiva a Kursk ha determinato decine di migliaia di morti e feriti tra gli ucraini (67mila secondo i russi).

La mappa della guerra racconta una storia travagliata per Kiev: il 20% del territorio è sotto il controllo russo, con Mosca che fin dal 2014 ha irrobustito la sua presa sulla Crimea e su parte del Donbass. L'Operazione Speciale ha poi allargato la morsa dell'orso di Mosca su vaste aree del sud e dell'est, con recenti raid nella regione di Kharkiv. I soldati di Gerasimov, favoriti anche dalla fallimentare controffensiva ucraina dell'estate 2023, stanno esercitando una pressione crescente lungo il fronte, e seppur di pochi chilometri avanzano, non in maniera uniforme, negli oblast di Luhansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson.

A spaventare maggiormente Zelensky è quanto sta accadendo proprio in queste ore nel Donetsk tra Velyka Novosilka e Pokrovsk. Sono località a pochi chilometri dall'oblast di Dnepropetrovsk, terreno vergine per Putin. A quelle latitudini dispongono di opere difensive limitate o inesistenti: elemento che influirebbe certamente sia sulla rapidità dell'avanzata nemica, sia sulle perdite.

La

Crimea è la vera roccaforte russa, anche sotto l'aspetto militare. Sulla penisola Kiev ha lanciato pesanti salve di missili a lungo raggio su aeroporti e porti (Sebastopoli), tentando, invano, di abbattere il ponte di Kerch.

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