È un'escalation che disegna la geografia di tutta Italia, ma che sembra avere il suo epicentro proprio nel Nord. Sarà la densità di popolazione, sarà la distanza crescente tra centro e periferie, ma il fenomeno baby gang nelle città del Settentrione pare acquistare spregiudicatezza e ferocia con grande rapidità. E i casi più recenti non fanno altro che confermare quella che è più di una percezione. L'ultimo drammatico palcoscenico di una nuova violenza è Parma, dove a pochi passi dalla stazione va in scena un combattimento organizzato tra bande: decine di giovanissimi con volti coperti da cappucci e cappelli si affrontano con una violenza raramente vista. Non solo calci e pugni. All'improvviso spunta una chiave inglese, lanciata nella mischia. È più di una zuffa. Sembra una lotta primordiale, prontamente cristallizzata dagli smartphone della platea. Eccola, la misura delle baby gang del presente: la viralità delle loro azioni. Nei video qualcuno grida «destro, destro», altre urla incitano alla violenza, nessuno interviene. Quando arrivano gli agenti della Polfer la maxi-rissa si è già dissolta e solo una manciata di ragazzini viene identificata.
La sceneggiatura è quella già scritta per altre risse tra gruppi di ragazzini, come quella di un mese fa nel Bresciano, dove una fermata dell'autobus è diventata il ring di un brutale scontro a suon di coltellate tra due ragazzine, anche in quella occasione davanti a decine di smartphone puntati. In quel caso però andò persino peggio, con una 15enne che accoltellò la rivale di un anno più grande ferendola alla coscia, al braccio e al collo. Ma solo poche prima il caso di Parma l'allarme ha riecheggiato a Jesolo, dove un 16enne è stato pestato e rapinato in pieno giorno da quattro minorenni, ancora a una fermata del bus. Prima le minacce, poi la pretesa di farsi consegnare una felpa, gli auricolari e un pacchetto di sigarette. «Se non ci dai tutto, finisce male», gli dicono con una certa nonchalance. «Dove stiamo finendo e dov'è finita la libertà di poter passeggiare senza problemi nel nostro paese?», si è chiesto il padre della vittima sfogandosi.
Qualcuno pensa che il punto di non ritorno sia stato oltrepassato. E in effetti tutte le prove sembrano condurre ad uno scenario difficilmente reversibile: come quando due ragazzine di 15 e 17 anni hanno sfregiato il viso di un uomo con una lattina, il 28 dicembre scorso a Milano. Quella sera Alessandro Anaclerio, di 31 anni, stava rincasando quando è stato avvicinato da un gruppo di giovanissime. Parte un diverbio, gli insulti, poi il ragazzo viene preso a calci, pugni e strattoni, gli stringono intorno al collo una sciarpa tentando di strangolarlo. A quel punto una delle due prende una lattina da un cestino dell'immondizia e gli sfregia il viso, incitata dall'altra. Le due minorenni sono state arrestate il 19 aprile quasi quattro mesi dopo - con l'accusa di lesioni personali con deformazione permanente del viso.
Per gli inquirenti fanno parte di una gang al femminile tra Rozzano e la periferia Sud di Milano e il loro trasferimento motivato dal «concreto e serio pericolo di reiterazione dei reati, unitamente alla spiccata pericolosità sociale».
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