Se il primo giorno Matteo Salvini aveva teso la mano all'amico Morisi, il secondo giorno passa al contrattacco e punta il dito contro la «schifezza mediatica» e il modo in cui i giornali hanno trattato la questione. L'impressione che la vicenda relativa al possesso di droga da parte del suo social media manager, scoppiata a ridosso delle elezioni somigli molto a un trappolone viene rilanciata informalmente da diversi parlamentari. Salvini non sposa però apertamente la tesi del complotto.
L'indagine sull'uomo che per anni ha gestito la «Bestia» e i social della Lega ha sicuramente lasciato il segno. Resta l'affetto per l'uomo, la convinzione che il tritacarne finirà nel nulla, ma la delusione non manca. Salvini, però, non si sottrae e non usa certo il fioretto. «Sono dispiaciuto della schifezza mediatica che condanna le persone prima che sia un tribunale a farlo - sottolinea sia a Telelombardia sia arrivando all'ex Macello di Milano, accompagnato dal candidato sindaco Luca Bernardo -. Non c'è un reato, e sono problemi che riguardano la vita privata. Mi spiace perché il fango sparso in queste ore verrà smaltito e poi a chiedere scusa saranno in pochi. Permettetemi però di dire che, visto che di indagini sulla Lega e su di me ne avete fatte a decine e sono finite in nulla, sto ancora aspettando di sapere dove sono i rubli di Putin, o gli amici mafiosi di Siri. Tutto è finito nel nulla».
Il leader della Lega non nasconde di sentirsi il vero bersaglio del fuoco di queste ore, perlomeno di quello mediatico. «Tenere in ballo tutto un discorso politico che non c'entra nulla con la vita privata di una persona mi sembra veramente un attacco gratuito alla Lega a cinque giorni dal voto. La stessa procura dice sostanzialmente che non c'è reato, parla di fatto banale, senza che ci siano altri precedenti e di un eventuale consumo personale, che condanno e sempre condannerò. Se poi settimana prossima uscirà, come sono convinto, che Morisi non ha commesso alcun reato, chi gli restituirà la dignità? Se tutti attaccano la Lega, è perché siamo gli unici che diamo fastidio a un sistema, che vuole portare indietro l'Italia. Non sarò mai a favore del consumo della droga, della liberalizzazione, chi la usa sbaglia. Se Luca ha sbagliato sarò il primo a chiedergli perché? Io non mi sono mai permesso di commentare le vicende del figlio di Grillo, dei parenti di Conte o di qualcuno della sinistra, mi fermo, sono vicende private».
Chi non mostra lo stesso atteggiamento di attesa verso Morisi è Simone Pillon, senatore cattolico della Lega in un colloquio con il Foglio. «Non mi stupisce, viste le note attitudini del personaggio. La giustizia divina ha fatto il suo c
orso. A me questo Morisi non è mai piaciuto. Mai. Poi mi ha sempre fatto la guerra. Adesso capisco quando a Verona, al congresso mondiale della famiglia, Morisi si mise di traverso. Non voleva che Matteo vi partecipasse, diceva che era divisivo, poco conveniente politicamente». Una sortita che gli vale una dura reprimenda da parte di Guido Crosetto, tra i fondatori di Fratelli d'Italia. «Nulla mi fa più ribrezzo delle persone che pensano di parlare per conto di Dio, ma non sanno cos'è la compassione e la misericordia».
Nella Lega raccontano che Luca Morisi si vedeva di meno a Roma e la sua presenza negli ultimi dodici mesi era stata molto sporadica. Nel movimento lo definiscono come un amico e un genio, un interlocutore stimolante, ma estremamente fragile. Il timore che il problema in cui è incappato Morisi, uomo dell'inner circle salviniano, possa indebolire il Capitano esiste. Chi pensa che sotto traccia stia prendendo corpo una sorta di contro-Opa dimezzata che porti all'indebolimento del segretario ma non alla sua sostituzione, in queste ore ha argomenti per sostenere la propria tesi.
L'impressione è che si voglia costringere Salvini a scendere a patti per costruire una Lega diversa. Più che una sfida, insomma, un invito a rafforzare il dialogo con l'ala governista, evitando di rinchiudersi dentro a una ridotta o a un cerchio magico.
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