Filippo e i dettagli dell'orrore. Lo zio di Giulia: "No al perdono"

Turetta: "Il suo telefono e il coltello buttati a Fossò, il pc gettato in una strada di Aviano". La lettera per far trovare il cadavere

Filippo e i dettagli dell'orrore. Lo zio di Giulia: "No al perdono"
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Lo aveva scritto in una «specie di lettera» che era stato lui ad ammazzare Giulia Cecchettin, la sua ex, perché lei si era stufata delle sue ossessioni e voleva rifarsi una vita senza di lui, un'eventualità che non poteva accettare. In quella «specie di lettera», è così che la chiama, Filippo Turetta confessava il delitto e dava indicazioni su dove trovare il cadavere della 22enne di Vigonovo massacrata di coltellate per strada, vicino casa, dopo l'ultima sera trascorsa insieme in un centro commerciale di Marghera.

Filippo aveva scritto anche ai suoi genitori, in vista di quel suicidio tentato due volte e per due volte fallito. Poi - racconta il 23enne al pm che dopo l'arresto lo interroga nel carcere di Verona - aveva cambiato idea arrendendosi all'idea di farsi prendere, sentendo alla radio che loro speravano di ritrovarlo ancora vivo. Spiega al magistrato che nell'auto con cui aveva raggiunto la Germania, dopo essersi sbarazzato del corpo nei pressi del lago di Barcis, avrebbe potuto trovare anche il sacchetto usato per provare a togliersi la vita, oltre al coltello, le sigarette, i regali per Giulia che lei non aveva voluto, delle coperte, una scatola con qualcosa da mangiare e una bottiglia di sambuca. «Ho pensato che se avessi fumato e bevuto sambuca, sarebbe stato più facile suicidarmi», dice.

Il coltello di cui parla Filippo è uno dei due che aveva in macchina la sera dell'11 novembre del 2023 quando l'idea di non poter più avere Giulia tutta per sé lo ha trasformato in uno spietato femminicida. Dell'altro si era sbarazzato subito dopo aver lasciato la zona industriale di Fossò, dove c'è stata la parte finale dell'aggressione alla giovane. Nei video delle telecamere di sorveglianza della zona, agli atti dell'inchiesta, si vede la Fiat Punto di Turetta ferma 2-3 minuti sulla strada. Dentro c'è il corpo di Giulia ormai morente. Al magistrato che gli chiede il perché di quella sosta, Turetta spiega che stava cercando il cellulare di Giulia, rimasto nella sua borsetta. Oltre al coltello con il quale si era accanito contro la sua ex ragazza con 12-13 coltellate, l'ultima guardandola negli occhi mentre lei cercava di fuggire chiedendo aiuto, il giovane getta via anche il suo telefono e il suo tablet in un piccolo fossato di una strada laterale poco dopo Fossò. Il computer di Giulia, invece, spiega di averlo «messo fuori dalla macchina, in una strada di Aviano».

Al termine del lungo interrogatorio in carcere dello scorso primo dicembre l'avvocato Giovanni Caruso fa mettere a verbale di avere spiegato al suo assistito che «la riparazione, il perdono, la richiesta di perdono sono cose serie, ammesso che il perdono possa mai essere concesso». Perdono al quale la famiglia Cecchettin non sembra pensare. Almeno non ora, soprattutto dopo i dettagli agghiaccianti emersi dall'interrogatorio. «La famiglia Turetta ci ha contattati chiedendo di perdonare Filippo.

Io non ho mai risposto e non nego che, in questo momento, non sono disposto a perdonare». Si è sfogato così sui social Andrea Camerotto, il fratello della mamma di Giulia, scomparsa per un cancro un anno prima della morte di sua figlia.

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