È la fine di un mondo. Per la prima volta Santoro sconfitto in tv

"Servizio pubblico" sorpassato da "Virus" di Porro. Michele se la prende persino con il "Fatto" di Travaglio

È la fine di un mondo. Per la prima volta Santoro sconfitto in tv

Il Virus di Matteo Renzi ha colpito anche Michele Santoro. Colpito e affondato. Lo si era capito: questo è un anno televisivamente spietato. Niente sfumature di grigio, né mezze stagioni. Si vince o si perde. Le certezze vacillano e i miti crollano. In tv accade il contrario di ciò che avviene in politica. Larghe intese, alleanze mimetiche, patti trasversali. Nei talk show si sceglie: se c'è ospite il premier, l'audience si coagula e si espande per capire se sotto il vestito dell'annuncite c'è polpa vera. È la prima volta che Michele Santoro risulta sconfitto sul suo terreno. Dalla sua ex postazione su Raidue, Virus di Nicola Porro ha ottenuto il 6,88 per cento di share (un milione 581mila telespettatori), distaccando di quasi due punti Servizio Pubblico , fermatosi al 5,16 (un milione 139mila) e risultando il talk show più visto della settimana. Più di Quinta colonna di lunedì scorso, che pure ospitava Renzi (6,36 per cento), e più di Ballarò di Massimo Giannini (6,64). Essendo arrivato il sorpasso grazie all'effetto-Renzi, bisognerà attendere le prossime sfide prima di tirare conclusioni definitive. Anche perché, rispetto alle serate precedenti, Michelone non ha perso molto in termini di share, mentre è stato Virus quasi a raddoppiare il suo, allargando l'abituale platea dei talk dal 10 al 12 per cento complessivo. Comunque sia, ora si può dire che il vuoto dato per incolmabile del giovedì sera di Raidue è stato ben riempito.

Gli ci vorrà un bel po' di tempo, a Santoro, per riprendersi. Una cura di antibiotici a base di intercettazioni esplosive. Una terapia d'urto con ritorno di fiamma per l'antipolitica un tanto al chilo di Grillo. Qualche flebo di Ciancimino. Basterà? Probabilmente no. Dopo il calo di ascolti registrato fine stagione, sembrava che il capo di Servizio Pubblico avesse avviato un profondo ripensamento del format. Il conduttore principe del talk politico poteva, e in un certo senso doveva, essere il primo a sterzare e imprimere una svolta al genere, afflitto da «troppe imitazioni». Ma nonostante il post della vigilia denunciasse «l'overdose» e «il rigetto», stiamo vedendo solo un lifting superficiale del solito salotto, con sedie rovesciate sul parterre e spostamenti degli interventi di Vauro e Travaglio. L'altra sera, dopo l'attacco nell'editoriale ai giornali rei di sottolineare la crisi dei talk, Il Fatto quotidiano compreso, sotto il titolo «Ricchezza è nobiltà», Santoro ha ospitato Pier Luigi Bersani, l'astro nascente dell'analisi economica e alfiere della patrimoniale, Thomas Piketty, e un ex ingegnere di Nokia licenziata via mail. In pratica la sinistra-sinistra contro la sinistra-centro un tantino paragura di Renzi. Come sul Jobs Act, la minoranza Pd si è confermata minoranza anche in tv. Non solo per un fatto di numeri, quanto per un clima complessivo. Nemmeno la presenza dell'imprenditore modaiolo Gianluca Vacchi che è subentrato a Bersani è riuscito a rianimare una discussione un tantino depressa. E già facendo zapping tra i due talk si poteva prevedere lo storico sorpasso. Da una parte sfilavano lavoratori licenziati e si sciorinava l'ideologia dei diritti, pur sacrosanti. Dall'altra, sotto l'annuncio «Mi chiamo Wolf, risolvo problemi», in un clima ciarliero favorito dall'anagrafe comune tra il conduttore, l'ospite e l'incalzante Mario Giordano, si provava a stringere il premier sulle tasse, la burocrazia, il Tfr in busta paga e la politica dei troppi proclami, in un dibattito apparso più concreto. Certamente più dell'ostico intervento sull'autoriciclaggio di Travaglio.

L'editore di La7 Urbano Cairo però non si preoccupa e lancia la palla nel campo di Virus: «È stato un one man show di Renzi, quasi come avesse fatto la sua conferenza stampa ospitando Porro. Lo dico con rispetto e simpatia per Porro». Sarà. Invece a Servizio Pubblico tutto bene? «Oggi gli approfondimenti sono più impegnativi, tirano i temi economici...

Non ci sono più gli scontri epocali tra maggioranza e opposizione di una volta e diventano protagoniste le minoranze del Pd e di Forza Italia». Già: dimenticare Berlusconi non è facile. Soprattutto per chi ci ha campato a lungo. O ci si riesce, e si ha la forza per reinventarsi. Oppure la «lernerizzazione» è dietro l'angolo.

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