Foibe, il silenzio di Schlein e Conte

Mutismo sul 10 febbraio anche da Calenda. Fdi, Lega e Fi: "È uno schiaffo alle vittime"

Foibe, il silenzio di Schlein e Conte
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La sinistra si riscopre afona sulle foibe. Elly Schlein, Giuseppe Conte e Carlo Calenda hanno taciuto sul Giorno del ricordo. La legge sul 10 febbraio non è divisiva: la ricorrenza è onorata e commemorata dal nostro capo dello Stato sin dai tempi della promulgazione. Eppure Pd e compagni quest'anno hanno preferito sorvolare. Come se quella data e quel dramma nazionale non avessero, di nuovo, diritto di cittadinanza istituzionale. Un passo indietro, va detto subito, rispetto a chi ha gestito in precedenza quel lato di campo. Così come sui morti degli anni di Piombo, almeno la segreteria Schlein coincide con una retromarcia, oltre che con un ritorno a un clima di scontro ideologico. Il centrodestra non ci sta. Salvini tuona: «Orgoglioso di aver oltraggiato i martri, peccato che a sinistra abbiano fatto altro». L'europarlamentare di Fdi Carlo Fidanza parla di «vergognoso silenzio». Giovanni Donzelli rimarca come Schlein e Conte non abbiano pronunciato neppure «una parola». Il capogruppo alla Camera meloniano Tommaso Foti si chiede se quella dei leader di sinistra possa ancora definirsi una «condanna» verso l'eccidio del maresciallo Tito o se ci sia della «comprensione» per quelle tristi pagine di storia.

Nicola Procaccini, altro europarlamentare di Fdi, non può fare a meno di notare il «silenzio assordante» dell'ex premier giallorosso e dell'ex vice di Bonaccini in Emilia-Romagna. Lucio Malan, capogruppo al Senato di Fdi, ne è convinto: quello di Schlein e Conte è un «totale disinteresse per le vittime delle foibe». Tullio Ferrante, sottosegretario al Mit ed esponente di Forza Italia, rincara la dose: «Per la sinistra esistono vittime di regimi totalitari di serie A e vittime di serie B». Dal Carroccio, arriva l'accusa dell'onorevole Pizzimenti: «Schiaffo alle vittime».

Quello del centrodestra è un coro d'indignazione. Nel 2004, quando la legge sul Giorno del ricordo è stata approvata, un pezzo di centrosinistra ha votato con il centrodestra. E un senatore con un passato nella Rifondazione comunista di Bertinotti, ossia Bordon, ha presentato una proposta simile a quella approvata. E ancora Matteo Renzi, che nel 2019 ha visitato la foiba di Basovizza e il suo monumento. Veltroni, nella recensione a un libro di Jan Bernas, ha scritto che le foibe sono state il frutto di «un odio alimentato dall'ideologia, in questo caso soprattutto dall'ideologia comunista». Parole che i leader della sinistra contemporanei, a più di un decennio di distanza, non dovrebbero avere problemi a pronunciare.

Polemiche anche dal movimento giovanile di Fdi, con Stefano Cavedagna, portavoce nazionale di Gioventù nazionale: «Le gravissime teorie negazioniste e giustificazioniste finiscono per trovare casa nel silenzio di Schlein e Conte». L'attuale segretaria del Pd è stata eletta in un collegio emiliano-romagnolo come capolista indipendente (era prima delle primarie interne ai dem). Proprio a Bologna, il 18 febbraio, si fermerà il treno del ricordo. In quel capoluogo, i macchinisti della Cgil impedirono i rifornimenti di latte per i figli degli esuli, buttando via i cartoni. Con tanto di sassate dirette al «treno della vergogna» sia dai ferrovieri sia dagli iscritti al Pci. Era il 18 febbraio del 1947. La fermata del treno di quest'anno - come ricorda sempre Cavedagna - sarà un «momento simbolico, di pacificazione».

La stessa pacificazione nazionale che la destra italiana persegue con costanza ma che la sinistra, soprattutto con l'avvento di questa versione del Partito democratico, ha allontanato dalle sue priorità, preferendo un ideologico salto all'indietro.

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