«Vuoi vedere come ti sparo?». E la pistola, che doveva essere scarica, ha fatto fuoco. È morto così, giocando alla «roulette russa», Marco Mongillo. Vent'anni appena, un lavoro in una pizzeria in un paese poco lontano e il sogno di una famiglia con tanti figli con la fidanzata Lucia. Un «ragazzo buono come il pane» e «senza grilli per la testa» a detta di tutti.
A ucciderlo è stato un amico, di un anno più giovane: Antonio Zampella, reo confesso con piccoli precedenti e un rimorso grande quanto una montagna. I carabinieri lo hanno arrestato dopo una drammatica confessione. La tragedia è avvenuta in casa di Zampella, nel rione Santa Rosalia di Caserta, dove vive anche il fratello Umberto che sta scontando una condanna per rapina ai domiciliari.
«Guarda che cosa ti faccio...». La canna posata sulla fronte del compagno e il clic del grilletto. Pochi secondi che hanno sconvolto per sempre la vita di due famiglie. «Non sapevo che fosse carica, non volevo ucciderlo, gli volevo bene», ha tentato di difendersi l'assassino. Che ha ammesso di aver sparato con una Browning automatica calibro 7.65 con matricola abrasa al termine di un gioco, forse una scommessa tra ragazzi che si divertono a vestire i panni dei killer della camorra. Il pm della Procura di Santa Maria Capua Vetere non crede però alla fatalità. Aver puntato un'arma contro l'amico è per gli inquirenti motivo più che sufficiente per assumersi il rischio che qualcosa di grave possa accadere. Come poi è stato: nel caricatore della pistola c'erano cinque proiettili, il sesto è quello che ha stroncato la vita del giovane. Per questo motivo, il magistrato ha deciso di contestargli l'omicidio volontario, la ricettazione e il possesso di un'arma clandestina.
Venerdì pomeriggio nell'appartamento di Zampella c'era pure il fratello della vittima, Vincenzo Mongillo. In suo onore, i quattro amici, avrebbero dovuto organizzare un pranzo per ieri. Per festeggiare il suo compleanno. Domani si celebrerà, invece, un funerale.
Subito dopo aver fatto fuoco alla testa del ragazzo, Zampella è scappato. Si è liberato della pistola, poi recuperata dai militari, e si è costituito in caserma. Agli investigatori, pur sotto choc, ha continuato a ripetere la stessa versione per ore. «Non c'è stato alcun litigio con Marco, è stata una disgrazia. Eravamo a casa, e ho preso la pistola...».
Col volto sporco del sangue del fratello e gli occhi gonfi di lacrime, Vincenzo Mongillo ha accolto i militari che per primi hanno raggiunto l'abitazione. Sconvolto, ha raccontato quel che ha visto e sentito. E, dopo poche ore, ha affidato a Facebook questo pensiero per Marco: «Ti amo vita mia spero che ci guardi e ci proteggi da lassù... Io sarò sempre con te lo farò per te e mamma...
Ora dammi tu la forza di non mollare più... Ti amo vita mia mi manchiiii troppooooo...». Già oggi Zampella comparirà davanti al gip per la convalida del fermo. Le indagini vanno avanti: bisognerà scoprire chi e quando abbia usato in precedenza.
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