Matteo Renzi, non ci sta. Dopo l'allargamento dell'inchiesta della Procura di Firenze sulla Fondazione Open, istituita per sostenere le iniziative politiche del senatore ex Pd, e l’iscrizione nel registro degli indagati dell’imprenditore Marco Carrai amico dell’ex rottamatore, il leader di Italia Viva passa al contrattacco.
Con messaggi postati sui social, Renzi ha parlato di un “massacro mediatico” e dichiara che tutto è stato fatto seguendo le regole. "Noi abbiamo seguito le regole delle Fondazioni - scrive l'ex premier - I due giudici fiorentini dicono che open era un partito (!). Chi decide come si fonda un partito? la politica o la magistratura? Colpisce il silenzio di commentatori sul punto, decisivo per la democrazia di un paese. Tutti zitti?".
A questo tweet ne è seguito un altro nel quale, il senatore ribadisce che non ci sono state violazioni della legge: "Entrate e Uscite di #Open sono tutte tracciate. Trasparenza al massimo. Magari le altre fondazioni fossero state trasparenti come Open".
Noi abbiamo seguito le regole delle fondazioni. I due giudici fiorentini dicono che #Open era un partito (!). Chi decide come si fonda un partito? La politica o la magistratura? Colpisce il silenzio di commentatori sul punto, decisivo per la democrazia di un paese. Tutti zitti?
— Matteo Renzi (@matteorenzi) November 27, 2019
Per gli inquirenti fiorentini, Open avrebbe funzionato come un’articolazione di partito venendo impiegata come strumento di finanziamento illecito. La Fondazione nel giro di 5 anni, ovvero dal 2012 al 2017, ha raccolto circa 6,7 milioni di euro. Le perquisizioni sono scattate ieri a Milano, Firenze, Pistoia, Torino, Alessandria, Parma, Modena, La Spezia, Roma, Napoli e Bari. Nel corso dell’operazione, i finanzieri hanno cercato documenti, ma anche bancomat, carte di credito e rimborsi spese che, stando a quanto sostenuto da fonti investigative, sarebbero stati messi a disposizione di alcuni parlamentari.
In difesa della Fondazione è intervenuto anche il capogruppo di Italia Viva in Senato Davide Faraone che ha affermato come si parli di sospetti ormai da un decennio. "Fin dalla prima Leopolda, dieci anni fa, ricordo le illazioni: 'Chi c'è dietro Renzi?', 'Chi li finanzia?', 'I poteri occulti?'. Non era concepibile che quattro ragazzi di provincia tentassero la scalata alla politica italiana, doveva per forza esserci qualcosa sotto”. Faraone, poi, ha dichiarato che “nonostante la legge non lo imponesse, furono chiamati tutti coloro che avevano versato un contributo alla fondazione e gli fu chiesto se avessero problemi a rendere pubblico il finanziamento. La gran parte aderì e tutto fu pubblicato sul sito. Le spese di 'Open' sono tutte tracciate. 'Open' è stata la fondazione più trasparente nella storia della politica italiana" .
La vicenda ha fatto scoppiare uno scontro politico. Il capo del M5s, Luigi Di Maio, ha subito attaccato: “C’è un problema serio su fondi e finanziamenti ai partiti: serve subito una commissione d'inchiesta, lo chiederemo nel contratto di governo che faremo partire a gennaio”. Il premier Giuseppe Conte non si è opposto: "Il Parlamento è sovrano".
Decisamente più cauto il leader della Lega Matteo Salvini che preferisce tenersi lontano dalle polemiche: "Non giudico cose che non conosco, non posso né condannare nè assolvere. Non è il mio lavoro".
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